Dalla depurazione efficiente all’energia sostenibile
Dalla depurazione efficiente all’energia sostenibile
Lo scopo del mio sito web htt://www.spawhe.eu era quello di cercare partner pubblici e privati negli oltre 150 paesi in tutto il mondo che hanno firmato accordi in materia di proprietà intellettuale. Questo ingenuo tentativo è fallito perché esistono incredibili controsensi nella società moderna. Le leggi internazionali non consentono di brevettare oggetti o processi industriali che vanno contro gli interessi comuni, ma i grandi impianti pubblici energetici e depurativi, danneggiano l’ambiente e la salute perché non aggiornano lo stato dell’arte come sarebbe possibile. Le autorità ambientali mondiali fanno finta di niente, oppure non comprendono. Continuano a progettare gli impianti pubblici sempre allo stesso modo; mentre agli industriali conviene produrre macchine commerciali che producono solo benefici locali. Alle grandi imprese appaltatrici conviene partecipare a gare di appalto di grandi opere senza spendere risorse per ricerca e brevetti di nuove soluzioni. Come semplice cittadino del mondo, mi preoccupo molto per le generazioni future, non solo per i cambiamenti climatici che stanno incrementando i danni a causa delle alluvioni in alcune zone e la siccità in altre, che avanza al ritmo di 12.000 km2all’anno ma anche per la crescita demografica che si prevede nei prossimi trent’anni, quando la popolazione mondiale supererà ampiamente i nove miliardi. Io, ormai sessantaseienne, non ci sarò, ma, salvo imprevisti, ci saranno figlie nipoti. Senza essere presuntuoso ritengo che nel mio piccolo posso fare qualcosa. Non pagato da nessuna azienda e da nessun governo, basandomi soltanto sulla mia esperienza di progettista impianti industriali, civili, ambientali (che non ho mai potuto progettare come avrei voluto), e semplici ragionamenti, che solo da pensionato ho potuto fare liberamente, ho scelto di fare l’inventore ambientale. Questa è un’attività che si può fare soltanto se si è liberi di pensare con la propria testa, senza alcun tipo di condizionamento, con un bagaglio di esperienze alle spalle che consente di spaziare tra moltissime soluzioni e moltissime ramificazioni, che la completa protezione dell’ambiente comporta. Mi sono concentrato, soprattutto sugli impianti pubblici, depurativi ed energetici, non per sadismo, ma perché sono il tallone di Achille, non solo della protezione dell’ambiente, ma anche dell’economia mondiale. Se non migliorano prima gli impianti pubblici, non si possono migliorare quelli privati dal punto di vista ambientale. Questo non riguarda solo l’ambiente ma tutte le attività umane, poiché l’ampliamento dei processi di trasformazione di tutte le attività collaterali a quelle che producono i beni di consumo, servizi, attività agricole e domestiche, necessari per chiudere i cicli del carbonio, fosforo, azoto, zolfo, non è possibile con l’impiantistica attuale, nonostante lo sviluppo tecnologico, se non si modificano fogne, ciminiere, depuratori, centrali termiche, sollevamenti idrici, di competenza pubblica. Tutto questo comporta una profonda trasformazione della società attuale, che solo chi ha progettato impianti diversificati per una vita intera, può intravedere, senza voler offendere, professori scienziati, politici, filosofi, economisti, tecnici che si sono occupati egregiamente di singole discipline. In altre parole, l’inventore ambientale lo può fare soltanto un pensionato motivato, ancora efficiente, che abbia avuto tali esperienze, che le abbia svolte con passione, che rinuncia al profitto per portare a termine quella che ritiene una missione. Troppe cose devono coincidere, per rispettare una logica ambientale globale, difficilmente qualcun altro ripeterà quest’ardua impresa. I sacrifici da fare sono molti, le soddisfazioni zero, i silenzi molti, il ritorno economico negativo, poiché un progettista d’impianti globali difficilmente li può commercializzare se non si realizzano associazioni d’imprese impiantistiche o non si costituiscono multinazionali private che affianchino i progettisti pubblici. Pertanto, i tempi sono molto lunghi e non mi illudo di vedere i frutti del mio lavoro. Ma questo lavoro di razionalizzazione dell’impiantistica mondiale ambientale ed energetica qualcuno lo doveva impostare, poi si potrà anche migliorare.
Le politiche attuali dei finanziamenti a pioggia le nuove energie sono altri errori che si sommano ai precedenti, creando altre lobby che si opporranno ai progetti globali che nessuno propone, in parte per l’incapacità di entrare in tutti i dettagli che servono per ricamare una rete protettiva dell’ambiente, ma in parte i silenzi sono dovuti alla precisa volontà di nascondere i fallimenti, che, personalmente, non condanno. Sbagliare è umano. Invece, sono condannabili i silenzi che impediscono persino di parlare di nuove soluzioni che non nascono dai centri di potere e dalle multinazionali. Non a caso ho scelto il nome “inventore ambientale”. Vuole essere una provocazione costruttiva indirizzata a gli addetti ai lavori pubblici e privati, che non si fermano a pensare. Oggi che nel mondo abbiamo sviluppato buone tecnologie, mancano i tecnici che le sappiano mettere insieme globalmente, perché ogni azienda è specializzata in un solo settore e in una sola tecnologia. Molto spesso anche gli istallatori d’impianti si specializzano a installare sempre gli stessi impianti. Questo comporta che in nessun caso e in nessun paese nel mondo si realizzino impianti che proteggono l’ambiente globalmente. Infatti, nessuna tecnologia, da sola, può chiudere i cicli organici e inorganici contemporaneamente. Pertanto, gli impianti attuali realizzando cicli termici o depurativi incompleti, producono danni ambientali. Non avrebbero i requisiti per ottenere un brevetto, a meno che le aziende che li propongono non dimostrano che lo stato dell’arte mondiale non consente di realizzare impianti in grado di chiudere completamente e insieme cicli organici e inorganici. Infatti, allo stato dell’arte non esiste nel mondo nessun impianto completo dal punto di vista ambientale, non per colpa delle tecnologie, ma per colpa di chi le dovrebbe mettere insieme. Facendo decadere i miei quattro brevetti internazionali che avrebbero chiuso i cicli di cui parlo, che hanno ricevuto il triplo riconoscimento internazionale di novità inventiva e applicabilità, industriale, lo stato dell’arte non è potuto avanzare e pertanto, non si possono nemmeno emettere normative più severe dei parametri chimici e fisici da rispettare per l’acqua e l’aria che si usa e si restituisce all’ambiente. In particolare, per combattere il riscaldamento globale, è importante produrre aria con contenuto minimo di CO2 con gli impianti termici e acque alcaline con i depuratori. Invece, ancora nel 2015, gli impianti termici producono tonnellate di CO2 e i depuratori producono acque acide (le normative internazionali accettano all’uscita dei depuratori un ph 5,5). Tutto questo succede perché i progettisti pubblici e i legislatori fingono di non comprendere che i cicli termici non possono vivere separati dai cicli depurativi dell’acqua e dell’aria e non si può produrre una quantità di CO2 superiore a quanta le acque ne possano neutralizzare a freddo nelle serre calcaree, che tuttora non esistono. Ovviamente, se ci fosse stata una reale trasparenza e una reale competizione nella protezione dell’ambiente, non solo i miei brevetti non li avrebbero fatti decadere, ma addirittura sarebbe stato impossibile per un semplice pensionato, senza mezzi economici, arrivare per primo al deposito di quattro brevetti internazionale sulla depurazione globale. Dopo la forzata rinuncia del sottoscritto al diritto di primogenitura di tali sistemi, di pubblica utilità, che non dovrebbero essere a pagamento, e nemmeno esclusivo a favore di una sola azienda, ma agli inventori, che non intendono trasformarsi in imprenditori, si dovrebbero concedere semplicemente i diritti di autore, se e quando, qualcuno utilizzerà la propria invenzione, senza limiti di tempo, come avviene per gli scrittori, i musicisti, i cantautori e via di seguito. Si può scommettere, invece, che nonostante l’aggravarsi dei problemi ambientali non ci sarà nessuna corsa a mettere in atto gli impianti globali per la semplice ragione che le normative internazionali non possono essere emesse, se non c’è da parte degli enti pubblici mondiali, nemmeno la volontà di copiare, per realizzare almeno dei prototipi, proprio al fine di migliorare le normative e i capitolati di appalto pubblici, che, gradualmente, dovrebbero essere trasferiti agli impianti e alle costruzioni civili private. Chi progetta impianti privati non è tenuto a superare lo stato dell’arte e le normative pubbliche, quindi i brevetti del sottoscritto, che hanno anticipato sia lo stato dell’arte, sia le normative esistenti in materia impiantistica depurativa ed energetica, non potendo trovare partner privati nazionali e internazionali sono ritornati al mittente, che non cerca più partner offerenti, ma competenti e trasparenti.
La vicenda, sopra citata, che al sottoscritto è costata anni di lavoro e i propri risparmi, dimostra che i progettisti e gli inventori privati sono impotenti di fronte ai grandi problemi del riscaldamento globale. Poiché le multinazionali pensano solo al profitto aziendale, i progettisti pubblici devono essere all’altezza della situazione, non solo dal punto di vista tecnico e scientifico, ma soprattutto, devono essere coscienti dell’importanza del loro ruolo anche dal punto di vista morale. Non devono obbedire ciecamente a ordini sbagliati. Non sono soldati e nemmeno dipendenti di aziende private, ma tecnici e scienziati che hanno il dovere di riconoscere i limiti delle proprie conoscenze, e di cercare sinergie nell’interesse comune.
Il loro operato dovrebbe essere limpido e trasparente, non oscuro e nebuloso come quello attuale. Devono essere loro a indirizzare i costruttori d macchine per la gestione dell’ambiente verso soluzioni meno commerciali e più protettive dell’ambiente e lo possono fare vietando le soluzioni troppo facili che non si collegano ai cicli termici e biologici naturali, che sono possibili in tutti i luoghi senza danneggiare l’ambiente. I progettisti di impianti pubblici non possono limitarsi solo a mettere insieme le macchine depurative e termiche che offre il mercato, come fanno i privati, perché non è soltanto una questione di macchine ma soprattutto, di cicli di lavoro che si devono integrare nell’ambiente, i quali si differenziano da un luogo all’altro. Fino a prova contraria, in un processo industriale, prima si definiscono i cicli di lavoro, poi si ordinano le macchine ai costruttori che eseguono singole lavorazioni e processi, poi si realizzano i reparti di lavorazione, infine si stabiliscono i mezzi di trasporto interni, le reti di distribuzione energetiche e di evacuazione degli scarichi, sfridi, etc. Non si possono incolpare i costruttori se vendono milioni di condizionatori d’aria che scambiando aria con aria contribuiscono a riscaldare ancora di più il pianeta. Questa è la soluzione più facile e commerciale per avere comfort all’interno delle abitazioni. Chi deve cercare le soluzioni strutturali sostenibili devono essere i progettisti pubblici o per lo meno riconoscere tali soluzioni se qualcuno fa il lavoro che avrebbero dovuto fare loro. A chi obbediscono i progettisti pubblici, che non vedono, non sentono, non correggono le incongruenze? Non avendo mai avuto queste risposte ho deciso da pensionato di provare a mettere sulla carta quelle soluzioni che loro non vogliono o non possono trovare, sebbene siano milioni distribuiti in centonovantacinque stati sovrani.
Purtroppo, la mentalità industriale teorizzata da Taylor agli inizi del secolo scorso non è mai entrata né nella protezione dell’ambiente e nemmeno nella produzione di energia. Per realizzare cicli depurativi globali è necessario partire da cicli di lavoro come in qualsiasi processo industriale. Le depurazioni devono partire dagli stessi processi che producono l’inquinamento, separando alla fonte quello che è riutilizzabile, quello che sedimenta, quello che produce fanghi. L’aria inquinata deve essere usata per ossidare le acque. Pertanto aria e acqua possono e devono depurarsi a vicenda nei centri urbani, nelle industrie, dove si produce energia termica fossile e biologica. Se si vuole depurare l’aria urbana e industriale è necessario catturare l’aria inquinata e realizzare cicli completi, insieme all’acqua. I fanghi biologici e l’acqua separati alle origini, per vie separare, vanno rispettivamente ai digestori anaerobici e agli stagni biologici sovrapposti che devono essere inseriti negli stessi impianti che depurano le acque, l’aria e producono energia fossile o biologica, chiudendo tutti i cicli del carbonio, zolfo, fosforo, azoto. Questi impianti completi oggi non esistono in nessuna parte del mondo perché nessun ente pubblico mondiale si è fatto portabandiera della depurazione globale che può essere fatta soltanto realizzando cicli comuni per acqua e aria. l’ENI italiana, una delle poche aziende che mi ha risposto, quando era ancora una società a partecipazione pubblica, mi rispose che non era interessata alle mie invenzioni perché i suoi impianti rispettano le normative. Gli altri enti pubblici, più furbi, non rispondono nemmeno. Nella realtà una centrale termica da migliaia di kW anche se rispettasse le normative, solo per il CO2 che emette è un crimine legalizzato contro l’umanità. Questi impianti esistono in tutti i paesi del mondo. Probabilmente, per questa ragione continuano a tacere sulla depurazione globale. Se questi impianti fossero stati progettati da progettisti consapevoli dell’importanza del loro lavoro, sarebbero stati posizionati dove ci fosse stata acqua sufficiente, non solo a raffreddare le turbine e i condensatori ma anche a neutralizzare il CO2, producendo carbonati nelle stesse acque di raffreddamento. Le quali, invece, attraversano l’impianto, come se ai progettisti fosse stato ordinato di non curarsi degli aspetti ambientali. Inoltre, il calore contenuto nelle acque di raffreddamento, sarebbe stato utilizzato per produrre energia biologica, riscaldando i digestori che producono biogas da distribuire alla città più vicina. La quale città, depurando insieme acqua e aria, restituirebbe all’impianto, sotto forma di fango una parte dell’energia ricevuta e acque depurate e alcaline prodotte nella stessa città in mini serre calcaree che abbatterebbero anche i cattivi odori i fumi delle ciminiere e una parte dei gas prodotti dal traffico urbano. Ovviamente, anche il grande impianto termico dovrebbe depurare insieme acqua e aria con gli stessi processi, ma date le grandi quantità di gas da trattare, e necessario far entrare dove si produce energia anche sistemi industriali che movimentano materiale calcareo, sollevano le acque per produrre piogge artificiali che depurano i fumi catturati da speciali ciminiere. Quando iniziai a studiare i queste soluzioni erano già trascorsi una decina di anni dal vertice di Kioto, senza aver fatto concreti passi avanti nella protezione dell’ambiente. Pensai che gli scarsi successi nella lotta al riscaldamento globale avessero maturato i tempi per le soluzioni globali che proponevo. Visto che nel mondo, per motivi sconosciuti, nemmeno le Nazioni Unite sviluppavano progetti globali, pensai che la mia particolare esperienza, maturata nell’industria e nell’ambiente, mi aveva messo nelle condizioni di vedere soluzioni che altri non potevano vedere. Infatti, i miei sistemi sono l’industrializzazione della protezione dell’ambiente. Sapevo che per essere creduto dovevo sviluppare molti progetti e poi metterli insieme. Ho fatto anche questo, ma nemmeno questo è servito. Eppure, molte persone mi comprendono, basta vedere le competenze riconosciutemi nel social network Linkedin e recentemente anche in Xing. Chi non mi ha compreso, o non ha voluto comprendere, sono proprio le autorità ambientali e gli imprenditori del settore, che dovrebbero avere le conoscenze basilari di impiantistica, chimica, biologia, per affrontare globalmente i problemi ambientali. Queste competenze difficilmente si possono concentrare in una sola persona, ma chi vuole governare l’ambiente deve avere almeno la capacità di comprendere la vastità dei problemi da affrontare e mettere insieme la quantità di tecnici necessari con esperienze diverse che lavorino su progetti comuni. Purtroppo, la parcellizzazione delle competenze pubbliche e private non consente di comprendere la portata di soluzioni globali. Queste non si possono improvvisare, hanno richiesto molti anni di lavoro, perché si devono incastrare i collegare tra loro per consentire recuperi energetici chimici e biologici, che potrebbero essere risorse e invece, oggi, si disperdono nell’ambiente e costituiscono l’attuale inquinamento.
Per realizzare un impianto globale è necessario stabilire dei cicli globali e realizzarli nell’intero territorio, creando i collegamenti adatti, ma anche gli impianti devono essere progettati diversamente da quelli attuali, altrimenti i collegamenti non si possono fare. Per esempio le vasche di ossidazione devono essere coperte per recuperare le emissioni di Co2, Nox, Nox. Per produrre energia biologica non basta incentivare la trasformazione delle aziende agricole in energetiche, perché non possono realizzare i recuperi termici, non possono chiudere tutti i cicli e nemmeno realizzare un processo industriale automatizzato che arriva a produrre anche compost insaccato.
Purtroppo, gli impianti attuali non possono, in nessun modo, recuperare le risorse sprecate, poiché i criteri di progettazione degli impianti sono completamente diversi. Oggi abbiamo impianti sbagliati, della dimensione sbagliata, posizionati al posto sbagliato, come se queste scelte fossero state fatte apposta per distruggere, non per proteggere l’ambiente. È necessario cambiare tutto. Continuare a sprecare risorse per migliorare un sistema che non ha nessuna logica ambientale è un altro irreparabile danno all’ambiente, all’economia e una perdita di tempo che non possiamo permetterci. Se i responsabili ambientali mondiali non vogliono farlo, ne spieghino le ragioni.
Se nel mondo ci fosse una vera democrazia nessuno dovrebbe vergognarsi di confrontarsi con il sistema SPAWHE (synergy plants, artificial welling, hydoelectic energy) ideato da un semplice pensionato. Il silenzio degli enti pubblici è soltanto arroganza, perché i loro impianti continuano a produrre depurazioni soltanto apparenti, senza preoccuparsi dell’ambiente e della salute dei cittadini. Mentre le energie o sono inquinanti, oppure non sono sostenibili economicamente. Se insisto è nell’interesse di tutti, soprattutto, dopo che i miei brevetti, Synergy Plants, non trovando i partner internazionali, sono decaduti e nel mondo tutti li possono copiare liberamente; l’Artificial Welling è stato ancora più sfortunato, ucciso in fasce dallo smarrimento di una raccomandata da parte delle poste italiane e dall’ufficio brevetti, che pretendeva un ricorso che costa seicento euro, quando, finalmente, un deposito di brevetto telematico è arrivato a costare cinquanta euro. Ma le idee, per fortuna, la burocrazia non può ucciderle. Il rischio vero che corrono i miei progetti è quello di essere copiati solo parzialmente, snaturandone gli aspetti globali per nascondere i colossali errori nella gestione dell’ambiente. La gente deve sapere che non è vero che il progresso industriale inevitabilmente porta all’inquinamento dell’ambiente. L’inquinamento è dovuto soltanto al fatto che la protezione dell’ambiente doveva essere industrializzata insieme ai processi produttivi dei beni di consumo, urbani, dell’agricoltura e dei servizi. Ma queste cose se le dice un filosofo, uno scrittore un economista, gli fanno gli applausi, lo invitano a conferenza internazionali, magari gli danno anche il premio Nobel. Tanto, le loro sono soltanto parole, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Chi specula sull’ambiente può continuare a farlo tranquillamente. Se, invece, a sorpresa, un tecnico, non autorizzato, mette sulla carta le soluzioni globali protettive dell’ambiente con tutti i dettagli per realizzarle, chi specula sull’ambiente non ne parla. Se è potente evita che anche altri ne parlino. A questo silenzio partecipa anche la stampa scientifica, che non si accontenta delle pubblicazioni vorrebbe anche delle prove e prototipi da un semplice pensionato. I quattro depositi di brevetti originali del sistema di depurazione globale risalgono al 19/11/2012 ma nessuno li conosce, sebbene le parole “depurazione globale, serre calcaree, stagni biologici sovrapposti” siano indissolubilmente legate al nome del sottoscritto nel web nazionale. E sto cercando di farle conoscere anche nel web internazionale attraverso un piccolo sito web. Troppa fatica per chi si dedica alle invenzioni ambientali. Occorrerebbe l’esperienza dei vecchi e la salute dei giovani, non per portarle avanti ma soltanto per farle conoscere. Indubbiamente, l’esperienza manifatturiera mi ha influenzato e guidato nello studio delle soluzioni globali, ma mi porta anche fare altre domande che non trovano risposte ai nostri politici che vogliono competere con l’industria manifatturiera dei paesi emergenti, dove il lavoro costa meno e c’è meno tutela ambientale. Ignorando progetti unici al mondo, come i sistemi depurativi globali e non mostrano interesse per soluzioni energetiche non ancora sviluppate, perché proposte da un semplice pensionato. Il mio sito web non è molto visibile ed ha ancora pochissimi visitatori ma è l’unico al mondo che parla di depurazione globale, la quale comportando un prolungamento dei cicli di lavorazione industriali, depurativi energetici ed opere strutturali che oggi non esistono, porta automaticamente anche alla creazione di moltissimi posti di lavoro. Di conseguenza, anche una maggiore equità nella distribuzione della ricchezza mondiale. Se non sono bastati centocinquanta anni di esperienze nella gestione industriale, ambientale ed energetica, di cui il sottoscritto, ne ha vissuto quasi un terzo, passando da un settore all’altro, cosa ci vuole per far comprendere agli addetti ai lavori che bisogna correggere gli errori, non nasconderli, se oltre al benessere ambientale si vuole anche il benessere sociale? Probabilmente, se sono stato in grado di fare queste proposte ambientali, è dovuto all’esperienza trasversale di lavoro che mi ha portato ad attraversare i compartimenti stagni esistenti tra i vari rami dell’industria e i vari rami dell’ambiente e dell’energia. Come si può pretendere che i progettisti pubblici che non hanno mai visto da vicino un impianto industriale, possano comprendere il tipo di organizzazione che serve per aumentare la produttività, la qualità dei sistemi energetici e depurativi, se non conoscano l’organizzazione del lavoro industriale? Gli impianti pubblici non funzionano perché sono posizionati lontani dall’inquinamento e non realizzano insieme cicli termici e depurativi completi. Lavorando con singole tecnologie, non possono soddisfare contemporaneamente la quantità e la qualità dell’energia, dell’acqua e dell’aria che escono dagli impianti. Se i progettisti pubblici avessero usato le stesse sinergie professionali che hanno usato i progettisti privati nella produzione dei beni di consumo, la protezione dell’ambiente sarebbe a un livello molto più elevato, a prescindere dal tipo di energia prodotto. Io che ho vissuta le esperienze industriali e ambientali, posso assicurare che dal punto di vista organizzativo, è più facile proteggere l’ambiente di un’intera regione che produrre mille macchine al giorno in un solo stabilimento. Non si può continuare a parlare per decenni della riduzione del co2 senza mai entrare nel dettaglio delle soluzioni globali, ed offrire al popolo sempre soluzioni parziali, come il C.C.S. (carbon captare and storage), che non solo è una soluzione parziale, ma ha anche controindicazioni costose e pericolose. Tutto questo, pur di evitare di proseguire il ciclo di combustione oltre le ciminiere, passando attraverso una filtrazione elettrostatica, il contatto con l’acqua e materiale calcareo per produrre acqua ossidata e alcalina e aria filtrata senza co2. È necessario creare nuovi sistemi energetici e depurativi urbani integrati con l’energia geotermica a bassa entalpia, affinché anche gli impianti di riscaldamento, condizionamento ne traggano giovamento.
Se in Italia non è stato possibile trovare interlocutori su queste soluzioni, per il sottoscritto, l’unica alternativa era quella di cercare all’estero gli interlocutori come fanno i giovani in cerca di lavoro. Questo era lo scopo di un sito web in lingua inglese: htttp//www.spawhe.eu. Ho invitato e invito soprattutto, gli addetti ai lavori a visitarlo, non per sfidarli o provocarli ma per invitarli a riflettere e a confrontarsi con queste soluzioni. Ho scoperto che sotto l’aspetto, ambientale, il mondo è un piccolo paese. Come ho scritto sul sito web, la commissione Europea, ha indetto una gara pubblica per l’anno 2018 per la filtrazione dell’aria urbana, ma ha ignorato che negli anni 2012 -2014 io ho depositato e cercato di far conoscere brevetti molto più completi della semplice filtrazione dell’aria. Non sono servite a niente tre lettere aperte indirizzate alla commissione e al parlamento europeo, che continuano a proporre soluzioni monotematiche, che non possono chiudere tutti i cicli organici e inorganici coinvolti.
Oggi, tra una tecnologia e le altre esistono confini invalicabili: o si usa una soluzione oppure un’altra, accontentandosi di quello che offre il mercato. Non sono i progettisti pubblici a progettare gli impianti, li assemblano soltanto. Chi si occupa di ambiente e di energia, continua a produrre disciplinari di gare pubbliche che tagliano fuori le soluzioni globali, che sono l’unica cura possibile per l’ambiente. Non è possibile depurare l’ambiente e produrre energia senza una capillare organizzazione del territorio interessato, urbano, industriale, agricolo (taylorismo applicato all’ambiente). Nella presentazione ufficiale del sistema spawhe, il sottoscritto quando parla del primo settore SP: “Synergy Plants” espone la teoria del sistema dei cerchi concentrici e paralleli, dove le depurazioni avvengono gradualmente passando da un mini impianto globale a uno più grande. Tutto quello che sfugge a un cerchio passa al cerchi successivo. Tutti i cerchi devono trattare insieme acqua e aria, senza soluzione di continuità, fino ad arrivare all’impianto finale che produce anche energia biologica. La depurazione globale non è stata compresa in nessuna parte del mondo, perché mette il dito su grandissime piaghe che non possono essere guarite se non si rottamano i grandi depuratori, le grandi centrali termiche e non si scioglie l’antico dilemma della singola o doppia linea fognaria, per acque nere e bianche, che sono entrambe sbagliate, in quanto, anche le fogne devono partecipare attivamente al processo depurativo dell’acqua e dell’aria. Ma nel 2015, a diciotto anni dal processo di Kioto, aziende pubbliche e private continuano a realizzare soluzioni scollegate che producono soltanto depurazioni apparenti. Nella realtà, trasferiscono l’inquinamento dal livello locale a quello globale, dove diventa impossibile intervenire. Gli impianti termici producono emissioni in atmosfera e quelli depurativi, quando depurano, acidificano le acque. Ovviamente, quando non depurano la situazione è ancora peggiore perché l’inquinamento si trasforma anche in altri veleni (idrogeno solforato, acido solforico, metano etc). Ma le autorità ambientali mondiali, continuano a parlare soltanto della riduzione del CO2, cantando vittoria per il minimo successo, senza comprendere che non basta ridurre le emissioni ma bisogna anche fare in modo che il CO2 prodotto non vada nell’atmosfera ma a combattere l’acidificazione delle acque e dei suoli, creando serre calcaree con piogge artificiali, ovunque si produce CO2. Senza chiudere in ciclo del carbonio negli impianti, anche riducendo le emissioni di CO2, l’acidificazione del pianeta continua inesorabile, perché l’acidificazione è un processo globale che segue una curva logaritmica, aggravato dal fatto che il co2 emesso nell’atmosfera, non può produrre i carbonati necessari per contrastarla. In altre parole, noi abbiamo il potere di migliorare i processi naturali e invece facciamo l’opposto. Questo lo dimostrano anche le soluzioni ambientali successive descritte nel sistema SPAWHE. Infatti, l’ambiente si può proteggere anche direttamente negli oceani sollevando i carbonati solubilizzati delle altissime pressioni. Ovviamente, insieme ai carbonati sono solubilizzati anche moltissimi nutrienti e quindi si possono prendere tre piccioni con una sola fava: combattere l’acidificazione oceanica, creare alimentazione popolando di pesci le zone intorno agli impianti di sollevamento e creare nuove attività lavorative che oggi non esistono. Oltre a questo, è possibile produrre energia idroelettrica sfruttando l’energia di posizione delle acque superficiali rispetto alle acque dei fondali nei laghi e mari per mezzo dell’intubazione e dell’abbinamento di una pompa e di una turbina poste nei pressi del fondale. La trasformazione dell’energia potenziale in cinetica da parte della pompa e il passaggio attraverso la turbina, non solo produce energia a bassissimo costo, ma porta anche ossigeno nei fondali inquinati. Il semplice circuito energetico creato si conclude all’uscita della turbina, che è assimilabile allo sbocco di un tubo in vaso aperto. Non è vero che l’acqua non può uscire dalla turbina perché all’uscita si oppone una contro pressione idrostatica, uguale e contraria, dovuta altezza del bacino, come molti pensano, perché l’acqua che esce dalla turbina è dotata di energia cinetica, alla quale si oppone soltanto la resistenza di attrito tra le molecole. Essendo l’acqua incomprimibile, la pressione idraulica non si oppone se la circolazione avviene al all’interno del volume di acqua compresso superficialmente. Si opporrebbe soltanto se si cercasse di sollevare l’intera sezione del bacino contro la pressione che agisce sulla superficie, come avviene nei sollevamenti idraulici a sezione piena che cercano di superare un dislivello geodetico, ma nel nostro caso tale dislivello non esiste e la perdita di carico è calcolabile con la formula v2 /2g. Per esempio, con una velocità di 2 m/s abbiamo una perdita di carico di 0,2 m di colonna d’acqua, sia scaricando l’acqua a 10 metri di profondità, sia a 1000 metri. Per impedire l’uscita dell’acqua dalla turbina si potrebbe opporre soltanto una corrente di acqua opposta, dotata della stessa energia cinetica, ma questa energia si può produrre soltanto intubando l’acqua e usando una pompa sommersa che agisce in senso opposto. All’uscita della turbina abbiamo invece una sezione infinita che non può acquistare una velocità cinetica opposta a quella presente nella piccolissima bocca di uscita. Questo pregiudizio ingiustificato scientificamente, presente anche in persone esperte in circuiti idraulici, ingegneri, professori, scienziati, ha impedito, fino ad ora di sfruttare l’energia di posizione delle acque statiche per mezzo dell’abbinamento di pompe e turbine, creando danni immensi all’economia mondiale e anche all’ambiente, consentendo la creazione di inutili grandi opere solo allo scopo di produrre energia. Non ho potute realizzare prototipi, ma per comprendere il concetto è sufficiente immaginare di posizionare nel mare un tubo verticale lungo cento metri, sotto al quale montiamo in serie una pompa e una turbina. Con la pompa ferma non succede niente perché l’acqua è statica all’interno e all’esterno del tubo, ma se facciamo girare la pompa facendo circolare l’acqua nel tubo e facendola uscire dalla turbina, creiamo un flusso all’intero del tubo, separato dalle acque circostanti, che sfrutta l’energia di posizione di tutta la colonna d’acqua alta 100 m (m*g*h) che si trasforma in energia cinetica (1/2*m*v2). Supponendo di avere all’uscita della turbina una velocità di circa 2 m/sec, abbiamo una perdita di carico allo sbocco di circa 0,2 m (v2/2g), considerando anche altre perdite di carico, nel tubo di discesa, possiamo stimare che la che la turbina sfrutti un carico idraulico di 97 m e abbia un rendimento 0,75, produciamo una potenza elettrica 71,3 kw (100*97*0.75/102). Se non avessimo la resistenza idraulica della turbina, la rotazione della pompa, a meno che non fosse a giri variabili, non riuscirebbe a mantenere la portata fissa di 2m/s, e tutta l’energia di posizione dell’acqua si trasformerebbe in cinetica, aumentando la velocità di uscita fino a 20-30 m/s, disperdendo in calore tutta l’energia per l’attrito nei tubi e allo sbocco. La pompa lavorando fuori curva, si danneggerebbe. Anche l’energia idroelettrica sommersa, il cui deposito di brevetto risale al 06/10/2014 ha raccolto soltanto silenzi e dopo la cattiva esperienza dei brevetti sulla depurazione globale il sottoscritto non si è azzardato a sottrarre altre risorse al magro bilancio familiare per internazionalizzare anche questo brevetto a cui l’ufficio brevetti europeo ha riconosciuto le caratteristiche di novità e inventiva, ma non quelle di applicabilità industriale, perché, secondo loro, assomiglia al moto perpetuo e il moto perpetuo non può esistere. E’ tanto difficile comprendere che non ho fatto altro che cercare e trovare il modo sfruttare l’energia di posizione delle acqua superficiali rispetto a quelle che sono nei fondali? Se non avessi trovato riscontri pratici e scientifici non avrei depositato il brevetto. D’altra parte, chi scarica acque inquinate con le condotte sottomarine a qualsiasi profondità non si preoccupa della contropressione idrostatica. In quel caso non esiste. Io penso che sia giunta l’ora di vincere i pregiudizi e sfruttare la vera energia idroelettrica che si può realizzare dappertutto, anche in versione mobile. Questa è la più pulita delle energie e costa decine di volte meno dei combustibili fossili nelle versioni mobili e centinaia di volte meno del carbone nelle versioni fisse per il semplice fatto che non ha bisogno di combustibili, nemmeno di centrali termiche per essere prodotta, e nemmeno delle reti di distribuzione che disperdono per strada oltre il 10% dell’originario potere energetico. Considerando che le centrali termiche non superano il rendimento del 40%, è facile comprendere le ragioni della netta superiorità dell’energia idroelettrica riveduta e corretta dal sottoscritto. Probabilmente, anche le ragioni per le quali nessuno vuole che nasca. Infatti, la domanda che mi pongono più frequentemente è: possibile che nessuno si sia accorto di una cosa così semplice? Io rispondo che anche le altre cose che propongo sono semplici, ancora più facili da comprendere, tuttavia i brevetti li hanno fatti decadere soltanto perché le soluzioni sono poco commerciali. Ma come si può pretendere di proteggere l’ambiente soltanto con soluzioni commerciali scollegate che non possono seguire cicli depurativi globali? Nessuno risponde a questa domanda. Ma in questo caso sarebbe l’opposto, l’energia idroelettrica, sommersa, con riciclo, abbinata ai sollevamenti idraulici, costerebbe talmente poco che sconvolgerebbe l’economia mondiale. Io dico positivamente per tutti, anche per quelli che non vogliono comprenderla, ma gli oppositori non scendono nei dettagli per dimostrare che ho torto. Basta il loro silenzio per vincere perché la maggioranza ha sempre ragione. Sono fortunato che nessuno mi costringe a smentire queste teorie come avvenne ai tempi di Galileo Galilei.
Se la comunità scientifica mondiale ha dei dubbi sul funzionamento, degli impianti che propongo solo in base alla mia esperienza e a ragionamenti, non avendo altri mezzi, non deve tacere, come ha fatto sulla depurazione globale, sul welling artificiale e sull’energia sommersa, lo deve dimostrare scientificamente, oppure praticamente con dei prototipi. Tutti, possono sbagliare, compreso il sottoscritto. Se mi sbagliassi, non potrei sbagliarmi su tutto. Sarebbe l’occasione per mettere in discussione anche i sistemi depurativi. Ma se non mi sbaglio, chi ripaga l’umanità dei danni subiti per il ritardo sull’applicazione di queste soluzioni molto semplici che si potevano realizzare almeno da mezzo secolo, senza che nessuno le abbia mai cercate? Gli impianti di pubblica utilità ambientali ed energetici vanno progettati, non in base a principi economici che mirano al profitto immediato ma a principi di lunghissimo termine. Come tutte le invenzioni, devono prima funzionare virtualmente nella testa dell’inventore e in base a questo funzionamento si scelgono le macchine esistenti sul mercato, oppure si progettano nuove macchine. Si possono anche modificare macchine esistenti. In quest’ultimo caso, rientrano le pompe con doppia alimentazione sul lato aspirante che sono tra le invenzioni più semplici del mondo, ma anche tra le più potenti, poiché consentiranno di aggirare la forza di gravità nei sollevamenti delle acque alla pressione atmosferica e la pressione statica nei circuiti pressurizzati. Questa semplice invenzione consentirà di sollevare le acque spendendo qualche centesimo dell’energia spesa nei circuiti idraulici tradizionali. Il lavoro che più mi ha impegnato nella mia attività di progettista e installatore d’impianti, è proprio il sollevamento delle acque. Se propongo le pompe con doppia alimentazione fino alla girante è anche un’ammissione di colpa, non essendomi accorto di questa soluzione almeno venti anni prima. Meglio tardi che mai. Riflettendo da pensionato, ritengo che tutti gli impianti di sollevamento delle acque mondiali devono essere riprogettati, perché sono in assoluto i maggiori assorbitori di energia del pianeta, dopo i mezzi di trasporto, avendo la pretesa di sfidare la forza di gravità. Possiamo, invece, addirittura, trasformarli in produttori di energia, realizzando impianti sempre pieni di acqua con riciclo in vaso aperto, dove l’acqua da sollevare si inserisce nel circuito di riciclo da un lato aspirante della pompa con doppia alimentazione. La pompa, con la seconda bocca aspirante è sempre alimentata con acqua riciclata dal serbatoio alto. La quale scendendo intubata, sfruttando l’energia di posizione dell’acqua produce energia per mezzo di una pompa accoppiata a una turbina come nell’idroelettrico sommerso. Pertanto anche l’acqua da sollevare contribuirebbe alla produzione di energia, poiché si sommerebbe alla portata della pompa che alimenta la turbina. Quando non c’è acqua da sollevare la produzione energetica aumenta il rendimento perché entrambe le bocche aspiranti sono alimentate son acqua riciclata dal serbatoio superiore. Come detto sopra, il circuito idraulico di un impianto sommerso, in vaso aperto, pieno d’acqua, si conclude all’uscita della turbina con una perdita di carico allo sbocco v2/2g. valgono tutte le altre considerazioni sopra riportate. Il livello dell’acqua nel bacino superiore è sempre costante, poiché le due bocce sono alimentate contemporaneamente con acqua di riciclo che si attesta poco al disotto della quota di sfioro. Quando dal bacino superiore viene prelevata acqua, si chiude una discesa di acqua riciclata dall’alto e si alimenta la pompa a doppia alimentazione (sempre sotto battente) dal bacino contenente le acque da sollevare. All’ uscita della turbina, posta a valle della pompa, che trasforma in energia tutto il carico della colonna d’acqua, costituito dalla somma delle portare entrate nelle due bocche e la pressione del bacino superiore detratta delle perdite di carico nel tubo di discesa. Poiché la turbina scarica in un’ampia sezione di tubo direttamente collegata al serbatoio superiore, anche in questo caso si verificano le stesse condizioni del riciclo di acqua in vaso aperto senza sollevamento, poiché almeno una delle due bocce aspiranti della pompa e l’uscita della turbina hanno un solo livello di serbatoio (aspirazione e mandata), come nell’idroelettrico sommerso. Pertanto, non è necessario consumare energie per il sollevamento ma soltanto per la resistenza idraulica della turbina, gli attriti con le pareti dei tubi e all’uscita della turbina sopra menzionata. Infatti, l’acqua di sfioro che esce dal bacino superiore è acqua di superficie, non è acqua sollevata dal basso. La salita dell’acqua dal basso avviene con velocità molto più ridotte rispetto alla discesa e non variando il livello dell’acqua nel bacino, bisogna calcolare soltanto le perdite di carico sulle pareti dei tubi e serbatoi. Ma tutte queste perdite di carico sono addebitabili all’energia di posizione (mgh), dove “m” è la somma delle portate delle due bocche che entrano nella pompa e nella turbina e “h” è la distanza tra il livello del bacino superiore e l’asse della pompa, che trasforma l’energia di posizione statica in dinamica all’interno del tubo di discesa dell’acqua. Anche in questo caso la pressione statica esterna alla turbina non può fermare l’energia cinetica dell’acqua che esce dalla turbina.
Purtroppo, lo stato dell’arte non avanza virtualmente. ha bisogno di realizzazioni pratiche sul territorio e nelle fabbriche per far avanzare i processi, le tecnologie e le normative. L’avanzamento virtuale è già avvenuto perché questi dieci brevetti, falcidiati dall’indifferenza delle autorità ambientali e dagli imprenditori, che in gran parte hanno perso il loro valore commerciale per le stesse ragioni, contengono le esperienze di altri venti brevetti, ugualmente, mai realizzati, ma hanno funzionato virtualmente nella mente dell’inventore, altrimenti queste soluzioni non sarebbero mai nate.
Solo realizzando prototipi e facendoli funzionare le altre migliorie si potranno realizzano giorno per giorno con il funzionamento reale. L’importante è partire con progetti che non abbiano vizi di origine insormontabili. Sono molto pochi i vizi insormontabili se c’è la volontà di superarli. Come abbiamo visto noi potremmo superare il vizio origine delle centrali termiche energia fossile che produce CO2 per mezzo delle serre calcaree, le quali addirittura trasformerebbero il co2 in risorsa. Ma questo le autorità ambientali e gli imprenditori non lo hanno voluto fare nemmeno sperimentalmente. Le centrali termiche non hanno previsto né gli spazi e nemmeno le acque sufficienti per neutralizzare il CO2, ma le acque si possono riciclare e il CO2 trasportare per via pneumatica. Volere è potere.
Anche contrastare i principi della conservazione dell’energia è un vizio di origine invalicabile. Ma se questo principio si invoca a sproposito, impedendo la sperimentazione di energie facili ed economiche da produrre, come l’energia idroelettrica sommersa e con riciclo di acqua, la cosa non è chiara.
Anche la forza di gravità sembrava un limite invalicabile che ha portato a realizzare pompe speciali a doppia voluta, multicellulari, per aumentare le portate e le pressioni di esercizio. Inoltre è stato necessario inventare e realizzare motori da migliaia di kW alimentati a 6000 volt per accoppiarli a queste pompe. Tuttavia, sarebbe stato molto più semplice ed economico modificare gli impianti di sollevamento e realizzare semplicissime pompe mono giranti a bassa prevalenza ma con doppia bocca aspirante separata fino alla girante, come proposto dal sottoscritto. Anche in questo caso è necessario procedere alle sperimentazioni, che non costano niente. È un vizio insormontabile la produzione di CO2 da parte dei motori termici montati sui mezzi di trasporto anche quando arriveremo a motori della serie euro 10 (oggi siamo a euro 6). Infatti questi motori non possono portarsi appresso una serra calcarea e la quantità di acqua necessaria. Anche altre soluzioni non sembrano possibili dopo centoventi anni di migliorie di questi motori.
Da almeno mezzo secolo sarebbero stata possibile la realizzazione dei generatori di corrente idroelettrica mobile che si basano sul sistema delle autoclavi e sulle pompe con doppia alimentazione dal lato aspirante controllando con precisione la velocità e il flusso delle pompe (con inverter) e la posizione delle valvole regolatrici di portata. Tutti sappiamo che i cuscini di aria compressa delle autoclavi sostituiscono le pompe per qualche minuto al fine di evitare un eccessivo numero di partenze dei motori che si riscalderebbero. Pertanto l’espansione del cuscino di aria fornisce al circuito idrico il volume di acqua accumulato facendo riposare i motori. Ma quando si abbassa la pressione e il motore della pompa riparte, oltre a pompare l’acqua deve anche fornire l’energia per ripristinare la pressione di aria nell’autoclave. Quindi il sistema non porta concreti vantaggi economici, ma potrebbe portarli se usiamo lo stesso sistema per produrre energia al posto della portata di acqua. Infatti, facendo uscire l’acqua dal serbatoio pressurizzato e facendola rientrare subito attraverso un altro collegamento al serbatoio, il cuscino di aria esercita la pressione sull’acqua, ma non si espande e non si abbassa la pressione, quindi non consuma energia. In questo caso l’acqua che esce dall’autoclave fornisce la propria energia di pressione a una turbina idraulica che produce energia elettrica, ma nel frattempo, la stessa quantità di acqua rientra attraverso un altro circuito nell’autoclave, pertanto il cuscino di aria non si consuma e non si consuma nemmeno l’acqua, perché l’acqua che scarica la turbina viene inserita nell’acqua di riciclo pressurizzata. E’ giusto chiedersi dov’è il trucco energetico? I trucchi energetici sono diversi:
1) il volume di acqua che entra ed esce dal circuito deve essere molto inferiore a quello accumulato nell’autoclave. Deve essere lo stretto indispensabile per alimentare la turbina, un piccolo serbatoio di disconnessione idraulica posto dopo la turbina e la pompa con doppia alimentazione.
2) la pompa con doppia alimentazione aspirante, da un lato è alimentata in bassa pressione con l’acqua scaricata dalla turbina e dall’altro è alimentata con l’acqua riciclata con l’alta pressione dell’autoclave, ma essendo dotata sul lato bassa pressione di una valvola di ritegno ed essendo dotata anche di setti separatori di flusso sagomati sul profilo della girante su entrambi e lati, quando la pompa è in rotazione l’acqua in bassa pressione a alta pressione può solo sommarsi nel corpo della girante e ritornare insieme al serbatoio pressurizzato con la stessa pressione di partenza ma con una portata superiore che restituisce all’autoclave anche l’acqua che ha prodotto energia nella turbina.
3) il terzo trucco energetico è l’applicazione dinamica del principio di Pascal, il quale ha dimostrato che in un serbatoio chiuso la pressione si espande in tutte le direzioni. L’applicazione dinamica è valida ugualmente ma richiede sezioni di passaggio adeguate a trasmettere l’intera pressione poiché la pressione totale è uguale alla pressione unitaria per la sezione di passaggio, pertanto con una pompa dimensionata per la somma delle due portate e una sezione di passaggio in mandata abbastanza ampia, che ritorna all’autoclave si possono recuperare le perdite di carico nel tubo di discesa che porta circa il circa il 50 % della portata. Ma questa percentuale si può regolare con inverter e motorini passo passo che regolano la velocità della pompa e la posizione delle valvole.
4) il quarto trucco energetico è basato sul fatto che, essendo l’acqua incomprimibile, ed essendo il volume di acqua riciclata (compresa quella che passa attraverso la turbina) ampiamente inferiore al volume di acqua accumulata, la pompa con doppia alimentazione lavora con una bassa prevalenza e un basso consumo energetico. Questo caso rientra in una circolazione chiusa, dove il carico idraulico sull’aspirazione e la mandata della pompa (nonostante la doppia alimentazione) è equilibrato, pertanto, si devono vincere soltanto le perdite di carico per attrito. Non si devono vincere le resistenze esterne, come la pressione del cuscino di aria compresso, che agisce sulla superficie dell’acqua.
Considerando che con l’aria compressa possiamo raggiungere pressioni fino a 35 bar prima che l’aria diventa liquida e che con altri gas la pressione si può anche raddoppiare, io penso che questo sistema può sostituire in qualche decina di anni gran parte dei motori termici.
Nella pagina del sito web http://www.spawhe, che ha il titolo di quest’articolo, sono elencati i progetti brevetti ancora in vita, la maggior parte sono validi soltanto in Italia. Tutti gli altri paesi possono copiarli liberamente. Gli ultimi tre brevetti possono ancora essere internazionalizzati entro la data del 04/09/2016, se trovano partner interessati a farlo. Contrariamente ai brevetti, poco commerciali, riguardanti la protezione dell’ambiente, che hanno assorbito il 90 % del mio lavoro, questi brevetti energetici, hanno un altissimo valore commerciale, perché per la prima volta nel mondo, si propone la produzione energetica senza alcun tipo di combustibile, poco ingombrante, bassi costi di ricerca e prefabbricazione, nessun onere di smaltimento di materiali speciali, come l’energia solare, né impatti ambientali, come l’energia eolica. Se c’è qualcosa di buono nei nuovi brevetti energetici che propongo è necessario assodarlo entro il 04/09/2016, se c’è una reale le volontà di crescita da parte degli imprenditori privati. Anche le autorità ambientali e gli imprenditori che hanno taciuto sulla protezione dell’ambiente, se ci tengono a gestire almeno l’energia sostenibile, si facciano avanti. Ma, se si vuole recuperare il tempo perduto, come per la protezione dell’ambiente, anche in questo caso, l’industrializzazione dell’intero sistema richiede grandi investimenti internazionali, come quelli che hanno portato allo sviluppo dei motori termici in centoventi anni. I quali sono arrivati a un punto morto che la tecnologia non può superare, avendo il vizio di origine della combustione. Naturalmente, mi rivolgo solo ai pochi che hanno avuto la costanza di arrivare alla fine di questa lunga lettera. La protezione dell’ambiente e l’energia sostenibile sono fatti con piccoli e semplici dettagli collegati che non si possono sintetizzare. Io diffondo i dettagli perché so che c’è molta gente tra la gente comune che riesce a comprenderli, se gli addetti ai lavori fingono di non comprenderli. Se non entriamo in questi dettagli deleghiamo gli altri a usare soluzioni depurative scollegate che cambiano soltanto la forma dell’inquinamento, oppure pericolose e antieconomiche, come il CCS. Deleghiamo anche alla produzione di energie pericolose che non comprendiamo, come il nucleare, che oltretutto non è nemmeno economico. Io sono d’accordo che secondo i principi della conservazione dell’energia il moto perpetuo energetico meccanico non può esistere, ma quello idraulico, per il sottoscritto è possibile, perché sfrutterebbe la forza di gravità, l’energia di posizione delle acque di superficie, il principio dei vasi comunicanti e l’applicazione dinamica del principio di Pascal, che non sono in contrasto con i principi della conservazione dell’energia. La versione mobile sostituisce soltanto la pressione atmosferica con quella artificiale, molto più potente.
Cordiali saluti
Luigi Antonio Pezone