Impianto autoclave per sollevamento idrico, produttore di energia idroelettrica.

Impianto autoclave per sollevamento idrico, produttore di energia idroelettrica.

Deposito di brevetto italiano N. 102016000066396 del 27/06/2016

Riassunto

L’invenzione della pompa con doppia alimentazione sul lato aspirante ha consentito l’invenzione dell’energia idroelettrica con il riciclo dell’acqua in vaso aperto. Con tale sistema abbiamo, contemporaneamente, il sollevamento dell’acqua e la produzione di energia, sfruttando principalmente, la pressione dinamica (o energia cinetica) dell’acqua che scende dal bacino superiore.

Le due invenzioni, sintetizzate sopra, hanno ispirato l’invenzione in oggetto, che consente la produzione di energia modificando gli attuali impianti con autoclave pressurizzata. Infatti, nel caso di un impianto idraulico con un’autoclave pressurizzata (1), non possiamo sfruttare l’energia di posizione dell’acqua superficiale di un bacino aperto, che produce energia cinetica nella tubazione di discesa che alimenta pompa e turbina ma possiamo sfruttare la pressione dell’aria compressa che spinge l’acqua pressurizzata direttamente in una turbina (2) e la scarica in un serbatoio alla pressione atmosferica (3). Quindi, in questo caso, sfruttiamo il salto di pressione e la portata che attraversa la turbina, mentre la pompa con doppia alimentazione, reinserendo subito l’acqua nel serbatoio pressurizzato (1), dal lato aspirante di una delle due bocche di alimentazione, consente di risparmiare l’energia che sarebbe necessaria per il ripristino della pressione del cuscino di aria, consumando in tale fase soltanto l’energia per la circolazione dell’acqua senza le spese energetiche per il sollevamento idraulico, che è necessario con le elettropompe tradizionali. Anche la spesa energetica per il sollevamento dell’acqua alla rete di distribuzione idrica sarà una spesa energetica ridotta al minimo, mantenendo costanti i livelli del serbatoio autoclave pressurizzato e quello di transito, alla pressione atmosferica per mezzo della sincronizzazione dei flussi in entrata e in uscita con valvole motorizzate e inverter che regolano la velocità dei motori delle pompe. L’energia prodotta dagli impianti autoclave sarà centinaia di volte superiore a quella assorbita, migliorando anche la qualità dell’acqua che non ristagna mai nel serbatoio pressurizzato e in quello di transito, alla pressione atmosferica.   

Descrizione

Le recenti invenzioni delle pompe con doppia alimentazione sul lato aspirante e quella degli impianti idroelettrici con il riciclo dell’acqua, da parte del sottoscritto, consentono di aggirare la forza gravitazionale dividendo il flusso dell’acqua in ingresso alla pompa in quattro settori tenuti separati fin dentro la girante della pompa. Di tali settori, due sono alimentati con l’acqua presa dal livello idrico superiore e due da quello inferiore. Essendo le alimentazioni fisse, mentre la girante è in rotazione, lo stesso settore della girante è alimentato alternativamente con un flusso avente una pressione diversa e portate molto simili, pertanto, il flusso di acqua con pressione maggiore spinge nella girante il flusso di acqua con pressione minore, mentre la rotazione della girante, incrementa ulteriormente la pressione dell’acqua secondo le caratteristiche della girante stessa (assiale, semi assiale, radiale, aperta, chiusa, etc).  Questo sistema, in circuiti idraulici sempre pieni di acqua, con la quadrupla sinergia tra l’intubazione dell’acqua di superficie, le pompe, le turbine e il riciclo dell’acqua in vaso aperto, applicando principi idraulici noti da secoli, come il principio dei vasi comunicanti, le leggi di Torricelli, Bernoulli e Pascal, ponendo, strategicamente, le elettropompe con  doppia alimentazione tra un alto battente idraulico positivo e le turbine, facendo lavorare le pompe, almeno con una bocca di aspirazione, con un carico equilibrato dalla perdite di carico nel circuito di riciclo, con un piccolo consumo di energia, consente di sfruttare l’energia cinetica prodotta nel tubo di discesa dall’acqua che alimenta la pompa, per ridurre l’assorbimento elettrico del motore che alimenta la pompa stessa e aumentare la produzione di energia nella turbina sottoposta alla pompa. Pertanto, la seconda bocca della pompa può essere alimentata, con minore pressione da acqua proveniente da un bacino con acqua da sollevare al livello del bacino superiore, che per sfioro alimenta le reti di distribuzione idrica, consumando la poca energia necessaria al riciclo dell’acqua in vaso aperto, invece, delle energie molto superiori, che sarebbero necessarie per il sollevamento dell’acqua contro la forza gravitazionale.  Tale sistema, riportato nella Fig. 2, di cui si riporta anche la legenda, per evidenziare le differenze e le similitudini, ha ispirato uno schema del tutto diverso che utilizza ugualmente le pompe con doppia alimentazione sul lato aspirante ma in abbinamento a un serbatoio autoclave e altre apparecchiature per produrre energia anche in questo caso, illustrato nella Fig. 1, un poco complicato per essere trasformato in un sistema energetico, ma i vantaggi e le applicazioni sono immensi per applicazioni fisse e mobili. 

          

Legenda della Fig. 2:  (C) collector = collettore;  (oipds) overturned intubated pump with dual suction = elettropompa assiale intubata capovolta con doppia alimentazione;  (cv) check valve = valvola di ritegno; (dgh) delivery geodetic height = altezza geodetica in mandata; (mpl) probe of the minimum or maximum level = sonda di minimo o massimo livello; (sav) supply additional valve  = valvola di alimentazione supplementare; (sacg) submersible alternating current generator = generatore di corrente alternata sommergibile; (sacm) submersible alternating current motor = motore sommergibile a corrente alternata; (sgh) suction geodetic height = altezza geodetica in aspirazione; (sov) shut-off valve = valvola di intercettazione; (tcp) tube containing the pump = tubo contenente la pompa; (wdn) water distribution network = rete di distribuzione idrica; (wddr) water distribution and disconnection reservoir = serbatoio di distribuzione idrica e disconnessione; (wlb) water lifting basin  = bacino di sollevamento acqua.

La Fig. 1 illustra come è concepito Impianto autoclave per sollevamento idrico, produttore di energia idroelettrica, di cui si riporta la seguente legenda:

 Legenda: (1) serbatoio autoclave pressurizzato; (1.1) regolatore di livello con sonde capacitive;   (1.2) valvola di sicurezza; (1.3) manometro con valvola di intercettazione; (1.4) valvola motorizzata con regolazione flusso trasmettitore di posizione; (1.5) trasmettitore di portata o pressione;   (2) pompa usata come turbina; (2.1) generatore di corrente alternata sommergibile; (2.2) valvola motorizzata di alimentazione turbina  con regolazione flusso;  (3) serbatoio di transito acqua alla pressione atmosferica e di contenimento pat;  (3.1) valvola motorizzata di alimentazione acqua di rete in pressione; (3.2) valvola  motorizzata di by pass alimentazione in bassa pressione;   (3.3) valvola di sfiato aria;  (3.4) regolatore di livello con sonde capacitive; (3.5) valvola motorizzata di alimentazione acqua in bassa pressione; (3.6) elettropompa di alimentazione in bassa pressione a giri variabili, azionata da inverte (4) elettropompa  con doppia alimentazione sul lato aspirante; (4.1) motore di azionamento pompa, a giri variabili, controllato da inverter; (4.2) giunto di accoppiamento motore pompa; (4.3) albero di trasmissione; (4.4) tubo di protezione albero di trasmissione; (4.5) doppia curva con setti separatori incrociati in bassa pressione (lp) e alta pressione (hp); (4.6)  setti separatori di flusso; 4.7 girante della pompa di tipo chiuso; (4.8) diffusore della pompa;  (4.9)  valvola di ritegno. (5) tronchetto deviatore di flusso; (6) rete di distribuzione idrica; (6.1) valvola motorizzata di alimentazione rete di distribuzione idrica; (6.2) trasmettitore di portata o pressione; (7) rete di alimentazione idrica; (7.1) trasmettitore di portata o pressione; (8) elettrocompressore

 Come si può notare dalla Fig. 1, il serbatoio autoclave pressurizzato (1) è alimentato con l’acqua proveniente dal serbatoio (3), il quale è alimentato dalla rete di alimentazione idrica (7) e con l’acqua riciclata dallo stesso serbatoio autoclave (1). Contrariamente agli impianti autoclave esistenti, in questo impianto, le pompe e le turbine sono sempre in funzione mentre sono le valvole a deviare il flusso dove è necessario. Se la rete di distribuzione idrica (6) richiede acqua, si apre gradualmente la valvola (6.1) in funzione del segnale il milliampere di un trasmettitore di portata o di pressione (6.2), infatti l’automazione si può realizzare in entrambi i modi: se c’è un calo di pressione o la rilevazione di una portata, bisogna aumentare il grado di apertura della valvola (6.1) fino a quando la pressione o la portata non si stabilizza. Quando la pressione nella rete sale al livello nominale o la portata si arresta per la chiusura delle valvole della rete, la valvola (6.1) si chiude. Con la valvola (6.1) chiusa tutta la portata di acqua che circola nell’impianto è deviata, tramite la valvola (2.2) nella turbina o una pompa usata come turbina (pat) (2), riportata in figura, che scarica l’acqua  in un serbatoio aperto o dotato di sfiati di aria (3), il quale, a sua volta, tramite una valvola (3.5) e una elettropompa di circolazione in bassa pressione, alimenta una bocca di una pompa con doppia alimentazione (4), mentre la seconda bocca è alimentata direttamente con la massima pressione del serbatoio pressurizzato (1). La pressurizzazione con aria compressa è fornita dal compressore (8).  Essendo le portate variabili, le valvole possono essere parzialmente aperte, pertanto l’acqua circola dove si verificano i cali di pressione rispetto ai valori nominali, rilevati dai trasmettitori di portata o pressione posizionati vicino alle valvole stesse.

Quando c’è prelievo di acqua dalla rete (6) c’è un calo di pressione nel serbatoio (1), che è subito ripristinato sia attraverso la messa in funzione del compressore (8), sia facendo entrare acqua nel circuito di alimentazione del serbatoio (3) dalla rete di alimentazione pubblica (7). Questa alimentazione può avvenire tramite la valvola di alimentazione (3.1) se la valvola (2.2) è chiusa, oppure tramite la valvola (3.2), se la 2.2 è parzialmente aperta.  L’alimentazione si arresta quando il regolatore elettronico di controllo (3.4) segnala il massimo livello nel serbatoio (3).

Ovviamente, questo impianto produce il massimo di energia elettrica quando non c’è prelievo dalla rete idrica (6), per esempio, nelle ore notturne.  Infatti, in tali condizioni, produce energia senza  consumare l’acqua che circola tra i due serbatoi. Di conseguenza, non consuma nemmeno l’aria compressa, a parte quella che si libera nell’atmosfera quando l’acqua è scaricata alla pressione atmosferica nel serbatoio (3), ma questo fenomeno è quantificabile in milligrammi di gas per litro di acqua (azoto, ossigeno, CO2) secondo la legge di Dalton di cui si riportano di seguito le formule principali che spiegano anche i concetti, senza entrare nel merito dei calcoli:

Infatti, in una miscela di gas ideali contenuta in un volume V e alla temperatura T, le molecole di ciascun gas si comportano indipendentemente dalle molecole degli altri gas; come conseguenza si ha che la pressione esercitata dalla miscela gassosa sulle pareti del contenitore sulla superficie dell’acqua è data da:   dove,  R è una costante che vale 0,0821;  , …  rappresentano il numero di moli di ciascun componente della miscela. Questa legge è valida alle stesse condizioni alle quali è valida la legge dei gas ideali: è approssimata a pressioni moderate, ma diventa sempre più accurata quanto più si abbassa la pressione. Definendo la frazione molare  come rapporto tra il numero  di moli dell’i-esimo componente ed il numero  totale di moli presenti:                si ottiene che in una miscela di gas ideali, la pressione parziale di ogni componente è data dalla pressione totale moltiplicata per la frazione molare di tale componente:

Nella sostanza, per ogni gas presente nell’aria è possibile calcolare in che percentuale si solubilizza nell’acqua alla pressione di esercizio, ma ai fini pratici, l’energia che spenderemo per comprimere l’aria sarà una piccola spesa, poiché l’aria compressa, non uscendo mai dal volume del serbatoio (1) ha solo piccole oscillazioni di pressione, e una volta raggiunto il punto di saturazione non si solubilizza altra aria. Quella che si consuma è dovuta alla minore solubilizzazione dei gas nell’acqua, alla pressione atmosferica. Infatti, quando l’acqua attraversa il serbatoio (3), dotato di sfiati per l’aria, libera una piccola parte di aria, che diventa insolubile alla pressione atmosferica, che esce dallo sfiato (3.3).  Ma, ovviamente, i tempi di transito in tale serbatoio sono molto stretti e il processo di espulsione completo dell’aria non può avvenire, in quanto, l’acqua rientra subito nel serbatoio (1) dove il gas non può più uscire dalla superficie dell’acqua, ritornando di nuovo alle condizioni di massima solubilizzazione. 

Pertanto, come anticipato nell’introduzione, un circuito pressurizzato con autoclave (1), abbinato a una turbina (2), a un serbatoio di transito dell’acqua aperto (3), a una pompa di riciclo dell’acqua con doppia alimentazione (4), può funzionare in modo molto simile a un circuito in vaso aperto tenuto costantemente pieno, riportato nella Fig. 2, anche se sfrutta alcuni principi fisici diversi. Infatti, in entrambi i circuiti possiamo produrre energia anche sollevando le acque, purché le acque da sollevare siano inserite nel circuito di riciclo, sempre pieno, del bacino dotato di pressione idrostatica superiore, entrando da una bocca aspirante di una pompa con doppia alimentazione. Infatti, in tale caso, nel circuito in vaso aperto l’acqua sollevata esce per sfioro dal bacino superiore spendendo solo l’energia per il riciclo, senza il sollevamento di circa il doppio della portata massima che può uscire dello sfioro. La stessa cosa si può dire anche con il circuito pressurizzato con autoclave, anche se i livelli di acqua da mantenere costanti sono due: uno nel serbatoio autoclave (1.1) e uno nel serbatoio di transito dell’acqua alla pressione atmosferica (3.4). Ovviamente, per mantenere costanti tali livelli nel circuito pressurizzato con autoclave è necessaria una gestione computerizzata del grado di apertura delle valvole motorizzate (1.4 – 6.1 – 3.1 – 2.2 – 3.1 –  3.2 – 3.5), la regolazione della velocita dei motori (4.1) delle pompe di circolazione a semplice e doppia alimentazione, e, se necessario, anche la messa in esercizio del compressore (8). Ma la complessità del circuito è ampiamente compensata dalla produzione energetica e dal risparmio energetico che otteniamo per mezzo di questo speciale circuito idraulico, che non è contro i principi della conservazione dell’energia, ma li esalta, sfruttando le sinergie tra gli stessi, insieme alla comprimibilità dell’aria e l’incomprimibilità dell’acqua. Comunque, il cuore dell’impianto è la pompa con la doppia alimentazione (4), senza la quale non sarebbe possibile aggirare la forza di gravità degli impianti energetici in vaso aperto (Fig 2) e la pressione dell’autoclave (1) della Fig.1.  Ma è importante anche il modo in cui si alimenta la pompa che deve partire da una certa distanza dalla pompa, affinché nella sezione di ingresso della pompa rappresentata dalla sezione A-A della Fig. 1, abbiamo quattro flussi separati di cui due in alta pressione (hp) e due in bassa pressione (lp), disposti in diagonale per equilibrare le spinte idrauliche nella girante e sui cuscinetti. Affinché questa separazione dei flussi possa avvenire è necessario partire dai tronchetti deviatori di flusso (5) in quanto la doppia curva con setti separatori (4.5), deve già ricevere il flusso canalizzato nella corretta posizione, affinché lo possa incrociare come rappresentato nella sez. A-A. Quindi, le mezze curve del particolare (4.5) utilizzano soltanto mezza sezione di passaggio, già disposte in diagonale, che confluiscono in una sola sezione di ingresso della pompa già divisa in quatto settori senza soluzione di continuità fino alle alette della girante. Infatti, con questo tipo di alimentazione, quando la girante è in rotazione, riceve nello stesso quarto di sezione, flussi di acqua con la sequenza alternata hp – lp, utilizzando la spinta dell’acqua con maggiore pressione (hp) per spingere in avanti, l’acqua con minore pressione (lp). D’altra parte questo principio idraulico è già usato nelle pompe multicellulari, dove l’acqua conserva  la propria  pressione dinamica totale (portata * pressione unitaria * la sezione di passaggio) e la  incrementa  da uno stadio all’altro, entrando al centro della girante, uscendo alla periferia della stessa e rientrando al centro dello stadio successivo, per effetto, soprattutto, della forza della pressione dinamica totale che segue il percorso delle pale della girante (4.7) e del  diffusore del corpo pompa (4.8), come evidenziato, con frecce, nel particolare ingrandito della pompa (4). In particolare, per produrre energia, da acque statiche in vaso aperto o chiuso e pressurizzato, è necessaria l’intubazione della portata e della pressione in una sezione di passaggio del flusso a senso unico, senza soluzione di continuità con il profilo delle pale della girante. Con l’aumentare delle pressioni di esercizio è importante anche la precisione delle lavorazioni meccaniche, che impediscono trafilamenti nel senso inverso al flusso.  Infatti, le pompe multistadio raggiungono anche pressioni di esercizio a senso unico di cento bar.

Come è noto, le applicazioni delle pompe di sollevamento idrauliche sono infinite. A volte sono necessarie grandissime portate con piccolissime prevalenze, per la difesa del territorio e a volte piccolissime portate con altissime prevalenze, per i sollevamenti più distanti dalla fonte idrica di approvvigionamento. Questo ha comportato una notevole varietà di pompe e giranti, che sono prodotte in tutto il mondo, essendo il sollevamento delle acque, insieme ai trasporti, la maggiore spesa energetica del pianeta Terra. Purtroppo, gran parte di questo sviluppo e dovuto soprattutto alla assenza della riflessione che ha portato al concepimento della pompa con doppia alimentazione che sfrutta soprattutto, la forza gravitazionale, il principio dei vasi comunicanti, il principio di Pascal, la teoria di Torricelli, invece della potenza dei motori accoppiati alle pompe.  Infatti, le Pompe sono state progettate per vincere le forze che si oppongono alla circolazione dell’acqua, a prescindere dall’energia necessaria. Oggi non è problema costruire motori con potenze superiori a 3000 KW, alimentati a 6.000 o 9.000 volts, da accoppiare alle pompe.  Oggi le grandi pompe, i grandi motori, le grandi turbine, sono un vanto della tecnologia, mentre le grandi opere idrauliche con grandi dighe sono un vanto per l’ingegneria delle costruzioni. E’ difficile, per gli addetti ai lavori, ammettere che questo tipo di sviluppo è stato sbagliato dalle fondamenta perché le pompe avrebbero dovuto essere progettate per aggirare le forze che si oppongono al sollevamento delle acque, come d’altra parte, è avvenuto anche nei sollevamenti meccanici. Infatti nei sollevamenti meccanici nessuno solleva i pesi direttamente, ma lo fa attraverso molti sistemi che riducono lo sforzo (piani inclinati, attrito volvente, rapporti di trasmissione a cinghia, ingranaggi, etc.). Queste sono le ragioni fondamentali per le quali il sottoscritto ha studiato soluzioni idrauliche alternative per risparmiare energia. E’ stata una sorpresa, per lo stesso sottoscritto, scoprire che questi impianti si possono trasformare da grandi assorbitori di energia in produttori di energia, per la differenza tra l’energia spesa è quella prodotta, inserendo in tutti gli impianti delle turbine idrauliche. In tutti i casi è indispensabile la pompa con la doppia alimentazione sul lato aspirante, che riporta, tramite una delle bocche, all’ingresso della girante, la pressione dinamica massima del circuito, affinché, come nel caso dell’ultimo stadio di una pompa multicellulare, la girante debba fornire soltanto una piccola parte dell’energia per assicurare la continuità del flusso, e consentire l’alimentazione della turbina con la massima pressione consentita dal sistema aperto o con autoclave pressurizzata.  In ogni caso all’uscita della turbina, se esiste energia cinetica, l’unica opposizione alla circolazione dell’acqua è calcolabile in proporzione alla velocità di uscita (V2 /2g), poiché le pressioni statiche del bacino o serbatoio pressurizzato non si oppongono alle circolazioni interne al volume di acqua immagazzinato.         

La pompa con doppia alimentazione sul lato aspirante, serve soprattutto a miscelare due flussi con portate simili ma pressioni diverse, affinché la pressione maggiore si possa espandere nell’intera sezione di passaggio, la quale, ovviamente, deve essere almeno il doppio, di quella in ingresso, delle singole sezioni, se si vuole trasmettere l’intera pressione al doppio della portata.

 Allo stato dell’arte attuale il raddoppio della portata in un impianto pressurizzato si può fare soltanto inserendo in parallelo due elettropompa con le stesse caratteristiche. Ma in tale modo raddoppiano anche i consumi energetici. Con l’invenzione delle pompe con doppia alimentazione e relativo circuito di alimentazione, facendo uscire l’acqua sollevata dal troppo pieno degli impianti e reintegrando la stessa quantità dal lato aspirante della pompa, gli impianti si comportano come impianti di riciclo in vaso aperto sempre pieni, o in circuiti pressurizzati con autoclave. Pertanto, l’energia necessaria al sollevamento non è quella degli attuali impianti, ma quella calcolabile in base alle perdite di carico senza il sollevamento dell’acqua, che è quasi sempre centinaia di volte inferiore. Basti pensare che una tubazione DN 1000 con una portata di 1000 L/s, una velocità dell’acqua di 1,27 m/s secondo le tabelle calcolate con la formula di Bazin-Fantoli ha una perdita di carico di soli 1,5 m /km.  Quindi con l’energia spesa per sollevare di 1,5 m, 1000 L/s, possiamo spostare la stessa portata a un chilometro di distanza in orizzontale, che equivale alla lunghezza equivalente di un circuito di riciclo molto più complesso di quelli rappresentati nelle Fig. 1 e 2.  Pertanto, vale la pena di raddoppiare le portate e realizzare impianti sempre pieni di acqua, aperti o pressurizzati, con pompe aventi la doppia alimentazione, anche senza nessuna produzione energetica, ma a maggior ragione, la soluzione non è da mettere in discussione se l’impianto può diventare produttore e non consumatore di energia.

Da quanto sopra descritto, dovrebbe essere evidente che le pompe si devono adattare agli impianti che servono dal punto di vista ambientale ed energetico, mentre oggi gli impianti si adattano alle prestazioni delle pompe, le quali, pur essendo molto migliorate per rendimenti e prestazioni, non possono superare i vizi originari, che non hanno sondato la possibilità di aggirare la forza gravitazionale, in circuiti aperti o pressurizzati con autoclavi, con questa semplicissima modifica, che parte dall’esterno della pompa e non può non funzionare. Bisogna solo sperimentare le prestazioni per i vari tipi di giranti e la gamma completa delle pressioni perché le applicazioni sono infinite.

 Per le caratteristiche costruttive di una pompa con doppia alimentazione sul lato aspirante, è necessario che entrambe le bocche di alimentazione siano dotate di un battente idrostatico positivo. Pertanto nel caso di piccoli impianti, con poca altezza geodetica sull’aspirazione, come nella Fig. 1 è stata prevista una pompa supplementare con singola alimentazione (3.6), che aumenta leggermente la pressione dinamica sull’aspirazione della pompa a doppia alimentazione (4), con la stessa portata, sincronizzata con la stessa, per mezzo di un inverter collegato al motore di comando (4.1).   Come si vede dallo schema, Fig. 1, tutta l’acqua che non va verso la rete di distribuzione (6) passa attraverso la turbina (2) producendo energia, senza uscire dall’impianto. Infatti la momentanea uscita dell’acqua alla pressione atmosferica è indispensabile per produrre energia cinetica nella turbina a spese dell’energia di pressione dell’aria compressa, allo stesso modo in cui nei circuiti in vaso aperto si produce energia sfruttando la posizione alta delle acque di superficie. Ma poiché la stessa quantità di acqua, per mezzo delle pompe (3.6)  e (4), le valvole di controllo, di reintegro del livello e l’automatismo del sistema di controllo, rientra subito nel serbatoio (1) senza far espandere il cuscino d’aria e abbassare la pressione, quest’impianto continua la produzione energetica anche durante la fase di alimentazione della rete idrica (6), allo stesso modo in cui lo schema della Fig. 2, alimenta per sfioro la rete idrica a gravità. Infatti, nell’impianto autoclave produttore di energia, il contemporaneo mantenimento costante dei livelli dei due serbatoi (1 e 3), non comporta sollevamenti idraulici, ma solo circolazioni, pur assicurando la pressione di esercizio dell’autoclave. Ovviamente, se si superano le portate per le quali l’impianto è stato progettato e i livelli (1.1 e 3.4) non sono mantenuti, le pompe (3.6 e 4) devono aumentare il numero dei giri e il compressore deve comprimere l’aria che si espande, affinché si ripristinino le condizioni nominali di funzionamento, che in un impianto ben progettato consentono un basso consumo e un’alta produzione energetica.

Senza lo sfruttamento di queste energie naturali (forza gravitazionale e aria compressa) e senza gli accorgimenti tecnici adottati, che non sono pochi, se si considera che in centocinquanta anni di sviluppo industriale queste innovazioni non sono mai state realizzate. Infatti, queste innovazioni per essere efficienti devono avvenire contemporaneamente. Non è sufficiente mettere sotto battente una pompa senza intubarla dalla superficie per produrre la pressione dinamica, come non è sufficiente separare i flussi di una pompa con doppia alimentazione se non si entra nel corpo della pompa, sfiorando le alette della girante, inoltre non si possono mettere in parallelo le pompe, come negli impianti di sollevamento tradizionali, ma si devono mettere in parallelo  gli impianti completi, come rappresentato negli schemi delle figure 1 e 2, poiché non sfruttiamo l’energia statica ma quella dinamica prodotta singolarmente  dagli stessi impianti, attingendo da fonti esterne, che nel caso della Fig. 1 sono la rete idrica pubblica (7) e l’aria atmosferica che è compressa dal compressore (8), mentre nel caso della Fig. 2, le fonti esterne sono i livelli idrostatici dei bacini sempre pieni (wddr) e (wdn) e la forza gravitazionale. Può sembrare strano, ma nemmeno le pompe e le turbine sono mai state messe in serie negli stessi impianti, poiché nessuno ha pensato che nell’ambito dello stesso volume di acqua si possono sfruttare regimi idraulici diversi nella fase di discesa dell’acqua per produrre energia per mezzo delle turbine, che scaricano alla pressione atmosferica (anche sotto battente) mentre la risalita dell’acqua in un bacino sempre pieno è una semplice perdita di carico allo sbocco, a prescindere dal battente idrostatico o della pressione del cuscino d’aria. 

Tutte queste innovazioni non sono mai state messe insieme perché lo stato dell’arte si è fermato alle pompe che sollevano l’acqua contro la forza gravitazionale e le turbine che producono energia sfruttando il salto idraulico, nel quale coincide contemporaneamente la caduta di pressione statica e dinamica. Gli addetti ai lavori non hanno considerato che la caduta contemporanea della pressione statica e dinamica avviene in casi particolari che sono già stati quasi tutti sfruttati sul pianeta Terra, anche realizzando grandi opere idrauliche, con dighe e bacini. Oggi dobbiamo incominciare a sfruttare i casi normali di energia idroelettrica dove il salto idraulico non esiste ma esistono semplici volumi di acque statiche da sfruttare come in Fig. 2, sia per la difesa del territorio dalle acque alte, sia per realizzare le grandi reti di distribuzione idrica in bassa pressione, che non disperdano le acque per le perdite dovute soprattutto alle alte pressioni di esercizio e  producano energia, invece di consumarla; mentre per le reti più piccole e altezze elevate, servono  gli impianti autoclave idroelettrici della Fig. 1, che ugualmente producono energia, eliminando anche le perturbazioni di moto vario con i cuscini d’ria delle autoclavi, ma soprattutto, producendo energia, svolgendo servizi pubblici di primaria e vitale importanza  con costi di investimenti e di esercizio non paragonabili a nessuna energia esistente, compreso il carbone, che è l’energia più economica ma anche la più inquinante.  

 Se le autorità e gli addetti ai lavori non avvertono la necessità di modificare gli impianti, intuendo che, attraverso lo sfruttamento dell’energia di posizione delle acque è possibile produrre energia idroelettrica, non può nascere la soluzione che prevede l’intubazione dell’acqua superficiale, nemmeno l’abbinamento delle pompe e le turbine per vincere lo stato d’inerzia iniziale e quindi nemmeno l’esigenza di inserire nel circuito le pompe con doppia alimentazione. Infatti, solo dopo aver assodato lo stato dell’arte sopra menzionato è possibile assodare anche lo stato dell’arte energetico degli impianti pressurizzati. Ma, come detto, nel caso in oggetto, gli errori di progettazione sono diventati endemici, poiché anche la produzione di energia idroelettrica è basata su un caso particolare, che gli addetti ai lavori hanno trasformato in un caso universale. Infatti, le grandi opere idrauliche, con grandi bacini e dighe, necessarie per produrre energia idroelettrica, diventano assurde se si dimostra che l’energia idroelettrica la possiamo produrre dappertutto con semplici circuiti idraulici.  

Il famoso esperimento di Pascal, ha dimostrato che in un serbatoio chiuso la pressione idrostatica si espande in tutte le direzioni. Basta anche un piccolo tubicino per sfasciare una botte di legno. Ma per produrre energia elettrica è necessaria la pressione dinamica che assicura l’esercizio nel tempo sulle pali di una turbina. Questa applicazione richiede sezioni di passaggio adeguate e la continuità del flusso, che in piccoli volumi di acqua si può assicurare soltanto se non si disperde l’acqua e si sfruttano regimi idraulici vantaggiosi nella fase di produzione energetica (discesa dell’acqua o salto di pressione) e regimi parsimoniosi di energia nella fase di recupero dell’acqua, senza spese per il sollevamento dell’acqua. In questi impianti la pressione dinamica è uguale alla pressione unitaria per la sezione di passaggio per la portata di acqua, pertanto la pompa con doppia alimentazione deve essere dimensionata per la somma delle due portate e con una sezione di passaggio in mandata ampia, che ritorna all’autoclave, come nel disegno Fig.1. Infatti, in questo circuito sulla mandata della pompa non si devono vincere le resistenze esterne al circuito di riciclo, come la pressione del cuscino di aria compresso. La circolazione dell’acqua avviene all’interno del volume di acqua immagazzinato con una piccolissima prevalenza della pompa. Ma il corpo della pompa deve resistere all’alta pressione idrostatica, altrimenti si sfascia come la botte di Pascal.

Quindi, supponiamo di realizzare un piccolo impianto condominiale che produce energia per mezzo di un generatore di corrente alternata sommergibile (2.1) accoppiato a una pompa usata come turbina (pat), che sfrutta l’altezza utile Hu = 35 m e una elettropompa con doppia alimentazione DN 150 con portata 35 L/s. Supponendo il rendimento della turbina sia 0,75, applicando la formula Pu = η*1000*Q*Hu/102, abbiamo una produzione energetica di 9,0 Kw (0,75 * 1000 *0,035 * 35 / 102). Assegnando alla pompa una prevalenza di 0,4 m e un rendimento 0,6, la potenza assorbita dalla stessa, che porta una portata doppia di quella che passa nella turbina, calcolata con la formula 0,4 * 1000 * 0,070 / 102 * 0,6 = 0, 0456 KW. Mentre la pompa di circolazione supplementare (3.6), con una portata pari alla metà, supposta con lo stesso rendimento e prevalenza assorbe la metà dell’energia calcolata per la pompa a doppia alimentazione (0,0228 Kw). In questo caso il rapporto tra l’energia spesa e resa è 131,38 (9,00 / 0, 0685). Infatti, le perdite di carico nel tubo di discesa, nella turbina, i pezzi speciali e le perdite allo sbocco, sono tutte assorbite dalla pressione dinamica sull’aspirazione della pompa, mentre in mandata non abbiamo perdite di carico apprezzabili, non superando il livello dell’acqua (che è incomprimibile).  Non c’è da meravigliarsi di questo risultato, considerando che i gas compressi sono accumulatori di energia più potenti, flessibili ed economici degli accumulatori di energia elettrica.

Ma le sorprese impiantistiche rispetto alle soluzioni attuali riguardanti il sollevamento e la distribuzione idrica non sono terminate in quanto le soluzioni delle Fig. 1 e 2, che oggi non esistono per incredibili sviste scientifiche, tecniche, politiche ed economiche internazionali, possono essere messe insieme, come riportato nella Fig. 3. In questa figura, per esempio, la distribuzione idrica di una città o quartiere può diversificare le pressioni di esercizio utilizzando la distribuzione idrica per gravità nelle zone vicine al serbatoio principale (wddr), mentre le zone più distanti o che alimentano i quartieri più alti possono essere pressurizzati con cuscini di aria diversificati, senza variare le prevalenze delle pompe e quindi la potenza assorbita dai motori,  conservando sempre la capacità di produrre energia con il riciclo dell’acqua nei singoli impianti, sia a livello di distribuzione di quartiere, che condominiale. La gestione computerizzate dei livelli idrostatici dei serbatoi aperti, pressurizzati e delle valvole e dei motori a giri variabili delle pompe può consentire grandissimi risparmi energetici e grandissime produzioni energetiche, oggi, insospettabili allo stato dell’arte, ma facilmente realizzabili perché le tecnologie sono tutte esistenti. Manca soltanto la semplicissima modifica dell’alimentazione delle pompe e anche delle turbine. Infatti anche le turbine, come si vede dallo schema, possono essere alimentate con flussi canalizzati a pressioni diverse, che arrivano fino alle pale della prima girante, che somma le portate con la massima pressione dinamica, nel rispetto del principio di Pascal. 

Le ultime considerazioni da fare sono le seguenti:

Se agli impianti autoclave, produttori di energia sottraiamo la rete di distribuzione idrica (6), l’alimentazione (7) con le valvole 3.1 e 3.2, ci accorgiamo che non solo l’impianto di semplifica, ma che, addirittura, tali impianti possono essere utilizzati anche per produrre energia mobile, ricircolando l’acqua contenuta nel serbatoio autoclave, ovviamente, non sui piccoli mezzi di trasporto, ma su quelli di dimensioni maggiori, essendo le autoclavi abbastanza ingombranti. Ma questo è un discorso successivo a questa applicazione, che si potrà realizzare spingendo al massimo le pressioni di esercizio, eventualmente, usando anche gas più comprimibili dell’aria. In fin dei conti gli attuali motori termici hanno raggiuto l’attuale livello tecnologico dopo centoventi anni di progettazioni, miliardi di investimenti e migliaia di brevetti a cui ha partecipato tutto il mondo, senza risolvere il vizio di origine delle emissioni di CO2 e polveri sottili. Se c’è una reale volontà a risolvere i problemi ambientali, lo sforzo che è stato fatto per migliorare l’energia termica, deve essere fatto anche investendo sul sistema proposto, che è molto più completo, pulito ed economico. In pochi anni, si potranno aumentare le pressioni di esercizio e rimpiccolendo le autoclavi. Certamente si potranno sostituire gran parte dei motori termici in circolazione sui mezzi di trasporto, risolvendo sia i problemi economici per l’approvvigionamento dei combustibili, sia quelli ambientali, dovuti alle emissioni di CO2 e di polveri sottili.

Per esempio, il calcolo energetico dell’impianto condominiale con una portata di acqua di 35 L/s e una pressione di 3.5 bar, che produce 9 KW/h di potenza, se aumentiamo la pressione a 35 bar produrrebbe 90 KW/h; se invece portiamo anche la portata a 350 L/sec, produrrebbe 900 KW/h. Ovviamente, siamo all’anno zero in questa direzione, ma soltanto perché, le riflessioni su questo modo di produrre energia arrivano con molto ritardo e tutti gli addetti ai lavori, pubblici e privati,  sono concentrati su altre energie, che purtroppo, hanno già dimostrato di essere meno efficienti, ma anche meno utili, in quanto non abbinabili a servizi pubblici di primaria importanza, come la distribuzione idrica, le depurazioni, le dissalazioni, i trasporti senza inquinamento.. In quest’ultimo caso, per fortuna, oggi esistono le tecnologie per alimentare nella fase iniziale i motori delle pompe e valvole con gruppi di continuità trifasi. Dopo la partenza dell’impianto, gestendo il flusso di acqua con valvole di controllo e la velocita delle pompe con inverter, possiamo produrre energia mobile in grande quantità, sostituendo i motori termici e rendendo inutili anche le reti di distribuzione che, non solo richiedono ingenti investimenti, ma comportano anche problemi di sicurezza e gestionali, e disperdono immense quantità di energia nel percorso aereo o interrato.

Luigi Antonio Pezone