Le probabili ragioni della scarsa protezione dell’ambiente.
Devo ringraziare i miei trentasette anni di progettista e installatore d’impianti presso aziende private se sono riuscito a far crescere e studiare le mie figlie. Ma sgravatomi di quel piacevole e importantissimo dovere, ho voluto misurarmi con l’attività di inventore ambientale, che non mi ha premiato. Tuttavia, penso ancora che il mondo sarebbe molto migliore se ci fossero più inventori liberi d’inventare e meno progettisti ubbidienti, soprattutto, nel campo dell’ambiente e dell’energia, dove è difficile comprendere la razionalità degli impianti che si progettano e realizzano nel mondo. Probabilmente, non sono mai diventato un inventore, continuo a fare il progettista, ma senza obbedire a un padrone, che a sua volta deve obbedire ad altri padroni senza comprendere le regole globalmente, ma solo quelle del mercato. Mi sono sempre chiesto a chi ubbidiscono i progettisti pubblici? Che hanno la fortuna di non dover competere con altre aziende per acquisire clienti e commesse. Perché non inventano e non sperimentano soluzioni ambientali ed energetiche più complete di quelle attuali? Mancano di esperienze complete? Perché non si mettono insieme per proporre soluzioni sinergiche? Domande inutili. I silenzi che ho raccolto con le soluzioni che ho proposto fino ad ora, sono già una risposta. I più silenziosi sono soprattutto le Università, i Ministeri, e gli enti di ricerca. I capitolati di appalto pubblici sono un freno alle depurazioni globali, Le centrali termiche non recuperano il calore e non usano le acque di raffreddamento per limitare le emissioni di CO2 e produrre acque alcaline. L’energia idroelettrica è concentrata solo sul salto idraulico che la rende, in molti casi, antieconomica e pericolosa. I sollevamenti idraulici sfidando la forza di gravità, sono in assoluto i maggiori assorbitori di energia del pianeta. Per il sottoscritto, almeno nel sollevamento delle acque, la forza di gravità si potrebbe aggirare, senza consumare energia. Nelle città non bastano le ciminiere e il traffico urbano a inquinare e a emetter CO2, nell’intero pianeta crescono ogni giorno centinaia di migliaia di condizionatori, che con gli scambiatori aria con aria aumentano ancora di più il riscaldamento globale. Cosa ci vuole a comprendere che è tutto rifare proprio a partire dai centri urbani? La soluzione è quella di realizzare moduli energetici e depurativi completi che depurano all’origine aria e acqua, utilizzando anche il sistema fognario modificato (Global urban environmental conditioning depuration GUECD) Quest’impianti depurebbero anche gran parte dell’inquinamento da traffico, creando vie di fuga verso il basso, visto che gran parte dei gas di combustione sono più pesanti dell’aria, mentre per vie separate inviano fanghi e acque ad altri sistemi di maggiori dimensioni per completare depurazioni e produzioni energetiche sostenibili (Global synergy plants for depuration, biomass production and thermoelectric cogeneration GSPDPTC). Ma come detto sopra, I primi a remare contro queste soluzioni sono proprio i silenzi di coloro che avrebbero dovuto progettarle. Dall’esperienza di questi anni di isolato inventore ambientale, probabilmente, ho compreso che i progettisti pubblici non sono nelle condizioni di fare meglio il loro lavoro. Manca in essi lo stimolo della competizione e all’organizzazione per competere su grandi progetti, che non devono essere necessariamente concorsi tematici come quelli proposti a livello europeo con “Horizon 2020” potrebbero anche essere studi e progetti intesi come semplici brevetti. Ma per stimolare le invenzioni ambientali ed energetiche razionali dovrebbero, per prima cosa, modificare le attuali regole della proprietà intellettuale, separando i brevetti di pubblica utilità da quelli commerciali. Chi si dedica ai primi dovrebbe essere esonerato dal pagamento di tasse di deposito e di mantenimento a livello internazionale. In compenso, dovrebbe godere dei diritti di autore come gli scrittori. Chi utilizzerebbe le soluzioni brevettate pagherebbe un contributo annuale agli autori pubblici o privati. Probabilmente, con questa soluzione, gli enti pubblici potrebbero essere stimolati a organizzarsi e a cercare maggiori sinergie, non soltanto mono tematiche, ma anche trasversali, per realizzare impianti completi. Non incompleti come quelli attuali, che in genere, sfruttano una sola tecnologia per motivi commerciali (depurativa o energetica), non completando né i cicli depurativi delle acque e nemmeno quelli dell’aria. Tutto questo comporterebbe una diversa organizzazione del modo di lavorare, soprattutto degli atenei universitari. Solo in questo modo si potrebbero mettere da parte disciplinari e capitolati superati, si studierebbero soluzioni più complete e razionali, che consentirebbero agli enti pubblici di essere all’avanguardia negli impianti e nelle normative, contemplando maggiori parametri e limiti di emissioni più ristretti. Oggi la proprietà intellettuale protegge soltanto gli industriali che possono pagarla, producendo beni di consumo su larga scala I costi della protezione brevettuale sono talmente alti che scoraggiano lo studio di soluzioni strutturali, poco commerciali (occorrono circa 50.000 euro per internazionalizzare un brevetto nei paesi più importanti e bisogna pagare tasse annuali di mantenimento nei singoli paesi che arrivano quasi a 10.000 €). L’organizzazione mondiale per la protezione intellettuale (WIPO) non può usare lo stesso regime di protezione e non si possono addebitare gli stessi costi tra chi produce beni commerciali e servizi pubblici. Nello stesso tempo non può non riconoscere il lavoro di chi si organizza meglio degli altri per studiare sistemi ambientali che vanno a vantaggio di tutti. L’organizzazione e il tempo che s’impiega per studiare problemi comuni hanno dei costi, che in qualche modo chi ne trarrà vantaggio, anche in un paese lontano dovrebbe riconoscere, tramite accordi internazionali. Resta valido invece il criterio utilizzato per il riconoscimento dei brevetti, che dovranno soddisfare ugualmente i requisiti di novità, inventiva, e applicabilità industriale. Senza la contemporaneità di questi requisiti gli impianti pubblici continueranno a vivere in uno stato artigianale mentre quelli privati viaggiano a velocità supersonica a produrre beni di consumo e anche inquinamento, che non possono eliminare da soli se i progettisti pubblici non creano le infrastrutture necessarie. Al momento attuale, mancando in tutti i paesi l’organizzazione della progettazione pubblica che vada nella direzione della protezione globale dell’ambiente, è più comodo per tutti ignorare il lavoro del sottoscritto, che ha impiegato dieci anni a mettere insieme quanto esposto sul sito web https://www.spawhe.eu. Possono sembrare molti, ma sono pochi se pensiamo che il vertice di Kioto si è tenuto nel 1997 e da allora nessun paese ha realizzato nemmeno un prototipo che si avvicina al sistema GUECD e GSPDPTC sopra menzionati. Questi sistemi possono essere liberamente copiati da qualsiasi paese. La riforma della proprietà intellettuale non è stata fatta, il sottoscritto non rivendicherà nemmeno la proprietà morale, cerca solo di informare che è possibile proteggere l’ambiente. Ma se gli addetti ai lavori ignorano i progetti validi e non ne producono altri ugualmente efficienti, che cosa vuol dire? Che l’ambiente non lo vogliono proteggere, oppure che si vergognano di copiare le soluzioni da un semplice pensionato? Non sapremo mai la verità.
Cordiali saluti
Luigi Antonio Pezone