Sistema di trasporto aerospaziale idroelettrico pressurizzato con turboventilatori e iniezione di aria compressa.
Deposito di brevetto italiano N. 102017000059993 del 01/06/2017
RIASSUNTO
L’attuale stato dell’arte dei mezzi di trasporto terrestri e spaziali è stato condizionato dall’assenza di un sistema energetico sostenibile, rinnovabile, efficiente e con piccoli ingombri, montabile su tali mezzi, alternativo all’energia termica. Questo sistema allo stato dell’arte non esiste. Ma, virtualmente, esiste l’energia idroelettrica pressurizzata, inventata dal sottoscritto e non ancora realizzata in nessuna parte del mondo. Per dare maggiore peso a tale tipo di energia, lo stesso sottoscritto ha inventato questo sistema di volo che elimina, oltre ai motori termici, il serbatoio del combustibile, le turbine, gli alberi di trasmissione. Se un domani saranno messi a punto altri sistemi più efficienti per produrre energia rinnovabile mobile sui mezzi di trasporto aerei, rispetto al sistema idroelettrico pressurizzato, il sistema di volo rivendicato sarà ugualmente valido, in quanto è sicuramente efficiente dal punto di vista ambientale, economico e contro gli incidenti di volo. Infatti, il combustibile, oltre a essere inquinante, costoso, è anche un peso e una fonte di pericolo, potendo incendiarsi e addirittura scoppiare in volo. Nel velivolo idroelettrico pneumatico, possiamo anche permetterci sprechi energetici poiché l’energia prodotta con acqua e aria costa soltanto l’usura delle macchine che la producono. Una volta sottratta l’energia necessaria per trasportare in volo l’impianto che produce l’energia, tutta la differenza energetica va a vantaggio della capacità di trasporto, dell’assenza di inquinamento, dell’economia, non essendo necessario l’acquisto di combustibili e dell’autonomia di volo, che con tale sistema, non avrebbe limiti. Trattasi nella sostanza di dividere il mezzo di trasporto internamente, in tre settori dove ubicare i passeggeri, la produzione di energia e gli accumulatori di aria compressa. Mentre all’esterno, e su tutti i lati del velivolo, a forma di parallelepipedo, sono ubicati dei tunnel di spinta orizzontali e verticali, incorporanti, turboventilatori elettrici multi stadio, disposti in serie e intervallati da ampliamenti di sezioni che sommano la spinta dell’aria per il sollevamento o la traslazione orizzontale per effetto del terzo principio di Newton. In questi tunnel, secondo le necessità, possiamo introdurre l’aria atmosferica, l’aria compressa, o entrambe. Sembra che solo in questo modo possiamo navigare nell’atmosfera e nello spazio con la massima sicurezza, andando e tornando con gli stessi velivoli di partenza. Ovviamente, per navigare nello spazio dobbiamo sapere amministrare l’aria compressa o addirittura produrla nelle astronavi e in satelliti artificiali di grandi dimensioni. Se è vero che l’accumulo di aria compresa aumenta il peso del velivolo, è anche vero che una volta usciti dall’atmosfera, il peso si annulla. Quello che conta è il fatto che, con l’aria compressa, inserita, in bassa pressione nei tunnel di spinta al posto dell’aria atmosferica, possiamo cambiare la direzione di marcia, e rallentare la velocità di entrata nell’atmosfera nel viaggio di ritorno. Mentre nei voli terrestri piò essere usata per aumentare la spinta verticale al decollo, compensare i vuoti di aria. Con il sistema energetico proposte saranno molto improbabili gli incidenti di volo che oggi non lasciano scampo a passeggeri ed equipaggi. Se dovessero succedere, l’aria compressa scaricata tutta a pochi metri dall’impatto finale fungerebbe da paracadute, salvando molte vite.
DESCRIZIONE
Il principio di Bernoulli afferma che, per ogni incremento della velocità di un fluido si ha simultaneamente una diminuzione della pressione e per ogni riduzione della velocità si ha un incremento della pressione; mentre il terzo principio di Newton afferma che ad ogni azione corrisponde sempre una uguale ed opposta reazione. Tali principi sono alla base dei principi della conservazione dell’energia e non possono essere trascurati, soprattutto nei sistemi di volo del presente e del futuro. Purtroppo, la scienza e la tecnologia che hanno trascurato forme di energia pulite e sostenibili nelle applicazioni terrestri, non poteva certamente utilizzarle nei sistemi di volo terrestri e spaziali.
Oggi, con il nome turboventilatore è indicato un tipo di motore a reazione che, a differenza di un normale motore turbogetto, utilizza due flussi d’aria separati: il primo flusso, detto flusso caldo, attraversa tutti gli stadi del motore, vale a dire: la presa d’aria, che ha la funzione di instradare il flusso generando una prima compressione dell’aria rallentandola, negli stadi successivi attraverso, la ventola, il compressore, la camera di combustione, la turbina ( a più stadi), e l’ugello di scarico, dove si esercita tutta la propulsione. Il secondo flusso freddo invece attraversa solo ventola e l’ugello di uscita del getto misto di aria calda e fredda nell’atmosfera. In questi sistemi, esclusivamente aeronautici e a caldo con camera di combustione, è sempre la turbina a gas, calettata sullo stesso albero, a trasmettere il moto alla ventola che aspira l’aria atmosferica e la introduce nel compressore, che alimenta la camera di combustione. Questo sistema consuma molto più combustibile rispetto ai comuni motori termici per produrre una maggiore potenza attraverso un elevato numero di giri della turbina del compressore e della ventola, che sono tutti calettati sullo stesso albero. La velocità può superare i 40.000 giri al minuto nella fase di decollo dell’aereo. Negli attuali turboventilatori aeronautici, sia le turbine, sia i compressori sono a più stadi: ogni stadio intervalla una girante con palette rotoriche con una serie di palette statoriche, dove le rotoriche incrementano la velocita e le statoriche la frenano incrementando la pressione di spinta, fino al punto funzionamento desiderato. Ovviamente, dal numero di stadi e dalla grandezza della turbina del compressore e della ventola dipende la potenza resa e assorbita dal turboventilatore termico aeronautico, il quale utilizza circa il 75% di aria prelevata dall’esterno dalla ventola, compressa dal compressore, mentre il 25% del volume totale che viene espulso dall’ugello di reazione è composto dai gas di combustione. Data l’elevata temperatura di combustione, le camere sono realizzate in leghe ad alto tenore di nichel, capaci di resistere a temperature anche abbondantemente superiori ai 1200 °C. Anche i motori termici a turbina degli elicotteri funzionano allo stesso modo, ma scaricando i fumi che contribuiscono alla spinta orizzontale e trasmettendo il moto meccanico alle grandi eliche che sostengono l’intero peso.
Sostanzialmente, all’attuale stato dell’arte dei voli terrestri e spaziali, esiste solo l’energia termica, anche se dal punto di vista fisico si usano principi diversi per sollevarsi e sposarsi muoversi nell’atmosfera e nel vuoto.
Negli elicotteri, le grandi eliche spingono l’aria verso il basso, quindi, si aspira una massa d’aria dall’alto, e si spinge con una determinata velocità verso il basso. Conseguentemente si crea una depressione sopra l’elica e un aumento della pressione nella parte inferiore. La differenza di pressione fa sollevare l’elicottero, che tramite un’altra elica di spinta orizzontale sposta l’elicottero anche orizzontalmente. Ma il sistema non è molto stabile, poiché la rotazione dell’elica superiore fa inclinare l’elicottero su in solo lato e pertanto, è necessaria un’elica di coda di dimensioni minori che ruota nel verso opposto per equilibrare l’assetto di volo. Inoltre, gli elicotteri non possono raggiungere alte quote altimetriche, poiché quando diminuisce la densità dell’aria la potenza non è sufficiente a mantenere la quota di navigazione.
Anche gli aerei si basano sulla differenza di pressione tra la superficie superiore ed inferiore del corpo dell’aereo, soprattutto delle ali, ma per risparmiare energia, la forza di gravità viene aggirata per mezzo dell’energia cinetica sviluppata orizzontale per mezzo dei turboventilatori termici che gradualmente, partendo dalle piste degli aeroporti consentono di guadagnare altezze superiori agli elicotteri entro certi limiti. Certamente non possono uscire dall’atmosfera. I costi di volo sono altissimi, nonostante si aggiri la forza di gravità tramite la portanza e l’aerodinamicità, riducendo al massimo i consumi.
Da una piccola ricerca in rete (http://www.focus.it/tecnologia/innovazione/quanto-carburante-consuma-un-aereo-di-linea), con un po’ di approssimazione, si calcola che un Jumbo jet su una rotta di circa 6 mila km (per esempio Milano-New York), consumi più di 63 mila litri di kerosene, una media di 19 litri per miglio nautico (1,8 km), circa 158 per ciascun passeggero (in tutto 400). Per ogni posto a sedere, vengono prodotti anche 4 mila chili di anidride carbonica. I percorsi brevi hanno, in proporzione, consumi più elevati perché 1/3 del carburante viene bruciato durante il decollo. Nei voli lunghi, invece, la proporzione scende a 1/8.
Tutto questo non può essere considerato un vanto per la scienza e la tecnologia, che non ha cercato soluzioni energetiche sostenibili. Come non può essere un vanto la scarsa sicurezza dei sistemi di volo, che non possono controllare istante per istante per istante l’assetto di volo e non possono gestire un guasto a un motore termico, nonostante l’alta tecnologia sviluppata. Mentre con il sistema idroelettrico pressurizzato e turboventilatori elettrici in serie e paralleli con iniezione di aria compressa, potrebbe essere possibile avere anche più di un turboventilatore fuori uso, e gestire ugualmente in sicurezza l’assetto di volo e le manovre di atterraggio. Non solo sulla terra, ma anche nello spazio.
Pertanto, per quanto l’aereodinamica sia importante, i problemi da risolvere, sono soprattutto, energetici, ambientali, della sicurezza di volo e delle capacità di carico dei velivoli che viaggiano nell’atmosfera e nello spazio. Con l’energia termica non si va da nessuna parte, sia dal punto di vista economico, sia ambientale, sia per l’autonomia di volo.
Invece, se riusciamo a produrre energia elettrica all’interno del velivolo senza combustibili, possiamo interagire fisicamente con l’esterno attraverso motori elettrici, per far muovere il corpo stesso sul suolo, nell’atmosfera o nell’acqua, facendo girare, rispettivamente, ruote per la terra, o turboventilatori per il volo, o eliche marine. Non serve l’energia termica, nucleare, per iniziare e far durare nel tempo il moto dei fluidi: è sufficiente l’accoppiamento delle proprietà dell’acqua incomprimibile e dell’aria comprimibile. Anzi, soprattutto, l’energia termica, quella più usata, rappresenta un inutile passaggio di energia dal freddo al caldo, che implica più svantaggi che benefici: costi dei combustibili, consumi energetici per il raffreddamento, la produzione di composti chimici gassosi, che per essere neutralizzati, richiederebbero altri impianti di depurazione, che non possono essere realizzati per non aumentare i costi e appesantire ancora di più il trasporto aereo. Fino a prova contraria, non è il calore che produce energia, ma la pressione prodotta dai gas di combustione, che premono sui cilindri di un motore a pistoni, o girare una turbina, o uscire velocemente da un ugello a reazione.
Noi possiamo evitare l’energia termica utilizzando la pressione dell’aria compressa, prodotta a freddo, e a imprigionarla in un volume ristretto costringendola a lavorare come una molla compressa mentre al di sotto di tale forza circola l’acqua incomprimibile, che espulsa dal troppo pieno alimenta una turbina idraulica con la forza del cuscino di aria, senza consumarlo. In questo modo risolviamo i più grandi problemi energetici e ambientali dei nostri tempi sfruttando la fisica ordinaria, con il massimo rendimento e la minima spesa. Una volta trasferito questo sistema anche sui mezzi di trasporto, con soluzioni apposite e materiali più leggeri possiamo far girare le ruote terrestri, le eliche marine e i turboventilatori elettrici dei velivoli.
Il sottoscritto, ha preso spunto dagli attuali sistemi aeronautici, usati per gli elicotteri e gli aerei, li ha modificati concettualmente per alimentarli per mezzo del generatore di corrente idroelettrica con il riciclo dell’acqua pressurizzata con l’aria compressa, che il sottoscritto ha già proposto di utilizzare in tutte le applicazioni energetiche fisse e mobili, studiando caso per caso le varie soluzioni. Infatti per le versioni mobili, ha già proposto di montare questo sistema sulle auto e gli altri mezzi di trasporto, motorizzando direttamente le ruote con motori elettrici a giri variabili. Mentre nel caso in oggetto è necessaria l’elettrificazione dei turboventilatori, eliminando le camere di combustione e le turbine a gas, che oggi fanno girare i turboventilatori termici degli aerei e le pale degli elicotteri.
Nei sistemi attuali si somma la spinta prodotta dai gas di combustione con quella prodotta dai turbo ventilatori. Nel sistema proposto, che non usa combustibili, si incrementa la pressione dell’aria intubando in serie i turboventilatori elettrici intervallati da ampliamenti di sezione, in modo che le singole spinte si sommano senza disperdere l’aria fino all’uscita nell’atmosfera. In altre parole, il percorso di spinta, soprattutto, per il sollevamento del velivolo si prolunga, comprimendo l’aria all’interno del tunnel per farla uscire con una maggiore spinta di traslazione e soprattutto, di sollevamento. Per soddisfare la capacità di spinta totale si realizzano molte linee intubate parallele orizzontali e verticali, coinvolgendo maggiori portate di aria e maggiori potenze complessive, ma distribuite più uniformemente intorno alla superficie del velivolo, in verticale e orizzontale, sia per consentire una maggiore capacità di carico, sia per poter equilibrare i carichi squilibrati delle masse, sia per effettuare le manovre di guida del velivolo, attraverso la spinta diversificata in base al numero dei giri dei motori nei tunnel di ventilazione. Ovviamente, questo sistema, come quelli attuali, non può essere utilizzato per circolare anche nello spazio, non esistendo nessuna densità dell’aria che consenta di applicare il principio di azione e reazione di Newton.
Tuttavia, lo spazio non è completamente vuoto, perché il vuoto assoluto non esiste, ma contiene una bassissima densità di particelle: soprattutto plasma di idrogeno ed elio, radiazione elettromagnetica, campi magnetici e neutrini. Ma immettendo piccole percentuali di aria compressa nei tunnel di spinta verticali e orizzontali, e alimentando i turboventilatori multistadio in serie, possiamo creare un grado di vuoto meno spinto all’estremità opposta dei tunnel e applicare ugualmente il principio di reazione di NEWTON. Ovviamente, l’aria compressa dovrà essere usata con parsimonia per non consumare la capacità di accumulo nel velivolo spaziale. Pertanto, alla fine dell’ultimo stadio di compressione dell’aria da parte dei turboventilatori multistadio, possiamo spillare una parte dell’aria compressa, farla passare attraverso un essiccatore (19) e alimentare il compressore che la reinserisce nei serbatoi.
Pertanto, per l’applicazione nel vuoto, sono stati aggiunti all’intero dei velivoli spaziali dei serbatoi di aria compressa, che consumerebbero l’aria come gas di spinta per spostarsi nel vuoto tra un’orbita e l’altra con lo stesso sistema usabile sulla terra senza combustibili. Fermo restando che appena il velivolo rientra in uno spazio, dove e presente l’atmosfera, si arresta l’erogazione dell’aria compressa e si riprende la navigazione con l’aria atmosferica, che ricarica anche la pressione consumata dal volo nel vuoto. Questo sistema di navigazione nel vuoto dovrebbe prevedere delle serre artificiali che produrrebbero ossigeno e azoto, nello spazio per ricaricare di aria compressa le navicelle spaziali. Questo sarebbe tecnicamente possibile perché già esiste la fotosintesi clorofilliana e virtualmente, esiste anche l’energia idroelettrica pressurizzata che potrebbe alimentare all’infinito le serre artificiali, consumando soltanto l’usura dei materiali.
Tuttavia, l’immissione di aria compressa, all’interno dei tunnel di spinta, può essere molto utile anche nei voli terrestri per stabilizzare il volo quando si attraversano zone con alte turbolenze e vuoti d’aria, rilevata attraverso appositi sensori pressostatici. Inoltre, sulla Terra, l’aria compressa può essere sommata alla normale ventilazione per aumentare la forza di sollevamento di primo distacco dal suolo, comunemente definito attrito statico. Infatti, il rendimento di una propulsione aumenta quando più si avvicina la velocità dell’aria che spinge e quella del velivolo che si muove. I due fattori che lo influenzano maggiormente il rendimento dalla spinta sono la velocità W con cui il fluido lascia i propulsori e la velocità di volo del velivolo V: tanto più W è maggiore di V tanto è minore il rendimento propulsivo, che è determinato tramite la relazione: 2 / [1 + (W / V)]. Quando il velivolo e fermo è necessaria una forza molto superiore. Infatti, un corpo persevera nel proprio stato fino a quando una forza esterna non modifica la condizione di quiete. Man mano che V aumenta il rendimento propulsivo cresce (teoricamente potrebbe diventare uguale a 1 (100 %) se V potesse aumentare fino a diventare uguale a W). Tenendo in considerazione che il rendimento propulsivo dipende da W/V, mentre la spinta è data dalla formula: M * (W-V), dove M è il flusso massico che attraversa i turboventilatori nell’unità di tempo, si nota che per ottenere rendimenti propulsivi elevati, quindi con bassi consumi specifici, tenendo ugualmente alta la spinta, si deve privilegiare la massa d’aria da accelerare rispetto alla velocità della stessa. Questa è la ragione per la quale, gli elicotteri, più leggeri si sollevano anche verticalmente mentre gli aerei approfittano dell’energia cinetica sviluppata dai termoventilatori termici montati orizzontalmente sotto le ali e dell’attrito volvente dei carrelli di decollo per salire verso l’atmosfera galleggiando nell’aria. Infatti, gli elicotteri rispetto al proprio peso da sollevare, smuovono una quantità di aria molto superiore rispetto agli aerei. Se gli aerei avessero a disposizione una maggiore quantità di energia si solleverebbero in volo come gli elicotteri o come le astronavi nei film di fantascienza, dove nessuno ha mai pensato l’energia poteva essere prodotta con acqua e aria compressa.
Comunque, avendo a disposizione una maggiore quantità di energia, che come detto, costa soltanto l’usura dei materiali che la producono, è preferibile aumentare la quantità di aria in circolazione per avere una maggiore capacità di carico e la navigazione controllata dai motori e dalle pressioni dei ventilatori, senza affidarsi al galleggiamento nell’aria, e all’energia cinetica, che non sempre si può controllare, sia per guasti tecnici, sia per perturbazioni atmosferiche. Altrettanto è preferibile avere una grande quantità di turboventilatori elettrici orizzontali e verticali per sostenere i carichi anche a basse velocità, nelle fasi di decollo e atterraggio. I costi di questi turboventilatori elettrici sarebbero ammortizzabili in breve tempo dall’assenza dei costi dei combustibili e dalla semplicità delle macchine.
Intubando in serie più turboventilatori elettrici, che a ogni stadio incrementano la pressione di una percentuale di circa 1,15 – 1,2 la pressione dello stadio precedente, gradualmente la pressione totale di spinta in verticale o in orizzontale, alla fine di ogni tunnel di spinta intervallato da ampliamenti di sezioni per recuperare ancor maggiore pressione, si possono raggiugere pressioni di spinta, tre o quatto volte superiori alla pressione atmosferica,, che moltiplicate per le portate di aria di ogni tunnel di ventilazione e ai rendimenti consentiranno di calcolare con buona approssimazione le masse sollevabili e le velocità di navigazioni anche senza l’energia termica. Ma quello che conta è il fatto che sarà possibile controllare la spinta totale di ogni singolo tunnel di spinta in funzione del numero dei giri dei turboventilatori sincronizzati. In altre parole, non dobbiamo più immaginare il mezzo si trasporto aereo con una forma aerodinamica per il risparmio energetico (perché l’energia prodotta con acqua e aria non costa quasi niente), ma come un cubo o parallelepipedo, che si muove nello spazio viaggiando in verticale, orizzontale o in diagonale per effetto della risultate delle forze in campo. Le forze sono prodotte da una grande o piccola quantità di tunnel ventilanti, che affiancano i mezzi di trasporto sul lato esterno (per aumentare la spinta totale qualche tunnel può attraversare anche la zona interna del velivolo) in funzione del peso totale da trasportare e della velocità che si vuole raggiungere. L’energia elettrica che alimenta i motori elettrici dei turbo ventilatori è prodotta internamente al velivolo per mezzo di più impianti di produzione idroelettrica pressurizzata con aria compressa, che lavorano in parallelo, in modo che per qualsiasi avaria di un impianto, in regime ridotto, la stessa rete energetica possa essere alimentata con gli altri impianti senza mettere in pericolo la vita dei passeggeri e degli equipaggi.
In altre parole, questa soluzione è un sistema a reazione ma funziona come gli elicotteri, creando una depressione dell’aria nella zona superiore e spingendo l’aria vesso il basso e dal lato opposto alla spinta per mezzo dei tunnel di ventilazione, ben distribuiti, che addirittura possono attraversare internamente il velivolo, creando di fatto, intorno al velivolo una nube con pressione diversa dall’ambiente circostante, che viaggia nell’atmosfera o nello spazio.
Se ipotizziamo che i tunnel di spinta verticali fungano anche da sostegno e da supporto dell’intero velivolo, terminando con un telaio metallico (14) che lascia passare l’aria, come rappresentato nella Fig. 1 e 2, e che mantengono i coni di uscita dell’aria sospesi a una cinquantina di centimetri dal suolo, per vincere la forza necessaria al primo distacco dal suolo, possiamo avvantaggiarci della spinta di rimbalzo dell’aria con il suolo stesso, che può essere incrementata con l’uscita dell’aria compressa dai serbatoi, che subito dopo il decollo, durante il volo normale, aspirando aria dell’atmosfera ripristinano la pressione originale, con l’energia idroelettrica prodotta all’interno del velivolo.
Questa soluzione energetica che rispetterebbe i principi di Bernoulli sulla conservazione dell’energia e quella di Newton, per ricevere la spinta necessaria per sostenersi e viaggiare nello spazio, non esiste perché non esiste un sistema energetico adatto alla produzione energetica mobile di piccolo ingombro e potente. Può sembrare strano, ma allo stato dell’arte, nonostante i tanti sudi sull’energia nucleare, l’idrogeno, il plasma, le correnti di Lorenz, l’unica energia elettrica pulita che potrebbe essere usata immediatamente sui mezzi di trasporto aerei e spaziali è quella dell’idroelettrico pressurizzato con l’aria compressa, realizzabile con la tecnologia attuale. La quale, invece, non esiste nemmeno per le altre applicazioni terrestri, perché nessun paese al mondo ha investito un solo euro o dollaro su tale energia, che è un dono gratuito della natura, al quale dobbiamo aggiungere soltanto una progettazione razionale degli impianti che tengano conto correttamente della comprimibilità dell’aria e dell’incomprimibilità dell’acqua. Su questa energia la scienza mondiale, pubblica e privata, tace per non assumersi le responsabilità dei propri errori.
La semplicità del modo di produrre energia idroelettrica pressurizzata con aria compressa montabile anche sulle auto, dimostra che il settore delle applicazioni idrauliche ha gravi responsabilità contro il riscaldamento globale, perché aveva la soluzione a portata di mano e non l’ha cercata, facendo crescere energie meno efficienti e inquinanti, complicando i sistemi meccanici per la trasmissione del moto su tutti i mezzi di trasporto terrestri, aerei, marini, sottomarini, poiché la trasmissione per via elettrica accoppiata alla regolazione elettronica con inverter è cento volte più economica ed efficiente rispetto a quella meccanica.
Il settore termodinamico ha fatto il possibile, ma i miracoli ambientali non si possono fare se si sbagliano i principi basilari da sfruttare per produrre energia sostenibile e compatibile con l’ambiente.
Infatti, se si vogliono intraprendere viaggi spaziali non abbiamo bisogno soltanto di energia ma anche di sistemi che producono acqua, ossigeno, azoto e cibo nello spazio. I viaggi spaziali, soprattutto quelli esplorativi, potranno durare intere generazioni. Intere famiglie di esploratori volontari potrebbero scegliere di vivere l’intera vita sulle astronavi, per spirito di avventura e amore della scienza. E’ inutile e dannoso continuare a sperimentare soluzioni incomplete. Le varie sperimentazioni di lancio di satellite e sonde con razzi hanno creato migliaia di corpi che orbitano intorno alla terra, che possono danneggiare le future astronavi. Prima di lanciare nello spazio sistemi che non sono in grado di ritornare sulla terra con la propria energia, a parere del sottoscritto si dovrebbero studiare “ASTRONAVI SERRA” che dovrebbero servire come base di appoggio con la riproduzione di un sistema terrestre con luce artificiale che producano i cicli del carbonio, ossigeno, azoto, necessari alla vita dell’uomo. La soluzione più logica è quella di cercare di produrre energia con tali elementi, che sarebbe un’energia, protettiva dell’ambiente. Gli uomini che vivrebbero in queste serre viaggianti nello spazio non dovrebbero nemmeno avere la sensazione di vivere nello spazio, essendo tali serre pressurizzate alla pressione atmosferica. Infatti, sarebbe difficile pressurizzarle diversamente, in quanto, costruite sulla terra, dopo la costruzione, sarebbero chiuse ermeticamente e spedite nello spazio con tutti gli uomini, animali, apparecchiature, pezzi di ricambio, laboratori, officine, ma soprattutto, laghetti artificiali, digestori decompositori delle sostanze organiche, collegati a stagni biologici sovrapposti, serre di produzioni agricole sovrapposte, serre depurative con piogge artificiali ossigenanti e alcalinizzanti. Infine, molti serbatoi pieni di aria compressa per navigare nello spazio.
Queste soluzioni sono tutte tecnicamente possibili, e descritte sul sito web http:www/spawhe.eu, ma attualmente, non sono state realizzate nemmeno sul pianeta Terra, perché la scienza non si è mai preoccupata di chiudere completamente i cicli organici e inorganici che apre. Anche i sistemi di volo terrestri sono un’immensa fonte di inquinamento dell’ambiente. Se la scienza si fosse preoccupata di chiudere in particolare, il ciclo del carbonio, realizzando tali studi si sarebbe accorta da moltissimo tempo che è possibile produrre energia riciclando l’acqua e pressurizzandola con aria compressa. Inoltre, che l’energia fossile costa molto di più dell’energia prodotta in questo modo e che addirittura, questa energia, solubilizzando ossigeno nell’acqua (in base alle leggi di dalton e Henry) farebbe risparmiare anche molti costi per le depurazioni, portando ossigeno dove gli attuali impianti di depurazione non possono arrivare.
Nello spazio, con cicli completi non si consumerebbe nessuno dei due elementi, in quanto l’aria che uscirebbe dal sistema, come quella prodotta dal sistema generale, resterebbe nella serra, aumentando la pressione interna, pertanto avremo bisogno di molti serbatoi di raccolta a accumulo dell’ azoto, ossigeno, CO2 e gas minori prodotti, in quanto questi gas in eccesso, potrebbero essere compressi, accumulati in tali serbatoi alle massime pressioni consentite, e trasferiti ai mezzi di navigazione spaziali, sia per consentire la respirazione degli equipaggi, sia per essere utilizzato come gas di propulsione a freddo nei turboventilatori elettrici alimentati senza combustibili.
In ogni piccolo o grande ambiente della serra potrebbe esserci un impianto autonomo di produzione energetica che distribuisce l’acqua e produce il caldo e il freddo che funziona con pressioni di esercizio diverse. Tutta l’energia in eccesso prodotta da tali impianti, sarebbe messa nella rete generale che alimenta il sistema di propulsione e produce depurazioni e ossigeno e azoto pressurizzati. Considerando che le pressioni critiche e le temperature dell’aria compressa sono rispettivamente 3769,290 kPa e −140,6 °C, ci sono ampi margini di accumulo e dell’ossigeno e dell’azoto, anche nel vuoto che circonderebbe l’astronave. Sebbene la temperatura media nel vuoto sia di – 270 gradi Kelvin, l’aria compressa uscirebbe sotto forma di vapore, che è sempre un gas, convogliabile dai turboventilatori nella direzione desiderata, soddisfacendo il principio di azione e reazione di Newton. Ovviamente, con questo sistema, si potrebbero alimentare i piccoli mezzi di esplorazione spaziali, simili alle fig. 1 e 2, che nello spazio avrebbero molte ore di autonomia di volo, in base al volume di aria compressa accumulata. Nell’impiego terrestre avrebbero un autonomia di servizio infinita, senza fare scalo in nessun aeroporto, non avendo bisogno di combustibili e con la massima stabilità di volo, compensando con iniezione di aria compressa i vuoti di aria che caratterizzano gli attuali sistemi di volo basati sul galleggiamento delle ali e le grandi pale degli elicotteri. I sistemi di volo terrestri non possono essere utilizzati nel vuoto. All’attuale stato dell’arte, tutti i propulsori spaziali usano energia termica prodotta da un combustibile che produce un gas che uscendo velocemente dallo scarico, produce la reazione che fa spostare il mezzo spaziale. Anche i propulsori elettrici alimentati con pannelli solari e batterie, utilizzano dei gas prodotti chimicamente per mezzo di diversi elementi (xeno, bismuto, cesio, litio, idrogeno), che con un ciclo termico e il gas che esce in pressione dallo scarico produce lo spostamento per reazione. La principale differenza tra i propulsori elettrotermici ed i propulsori chimici con sola combustione, consiste nella modalità con cui l’energia termica è fornita al propellente. Mentre, per il sottoscritto, anche nello spazio il sistema dell’energia prodotta con acqua e aria, sarebbe più economico e pratico. Infatti, per assicurarsi i ritorno sulla terra delle astronavi, i gas che oggi si usano come propellenti, dovrebbero essere prodotti sulla stessa astronave in appositi laboratori. E’ naturale chiedersi: su un’astronave, dove prenderebbero tutti gli ingredienti necessari? Invece, gli ingredienti per produrre azoto ossigeno e CO2, sono gli stessi dell’aria compressa, che possiamo produrre producendo l’alimentazione umana e riciclandola. Anche se la percentuale dei componenti che comprimeremo non sarà esattamente uguale a quella dell’aria atmosferica, il sistema di propulsione funzionerà ugualmente senza laboratori chimici e con bassi costi gestionali. Infatti, se l’energia termica non è conveniente sulla terra (anche se nessuno se ne è accorto, compresa la NASA, come può essere conveniente nello spazio? dove addirittura mancherebbero gli elementi essenziali per poterla produrre, anche se costruissimo serre artificiali.
Le FIG. 1 e 2 mostrano la disposizione di massima dell’impiantistica necessaria a un sistema di volo terrestre e spaziale, dove sono visibili, in particolare, la disposizione esterna dei tunnel di spinta energetica (14 e 16) contenenti i turboventilatori verticali e orizzontali (17). Si può notare l’assenza del carrello con le ruote per le manovre di decollo e atterraggio, perché questi velivoli si muoverebbero più o meno, come gli elicotteri, sollevandosi verticalmente e appoggiandosi sulle basi di atterraggio per mezzo dei telai di sostegno (15), montati sotto i tronchi di cono di uscita dell’aria dei tunnel di spinta verticali (14). Questi velivoli non hanno bisogno nemmeno delle alette direzionali e dei timoni posteriori o l’elica di coda degli elicotteri, perché l’assetto dell’orizzontalità del velivolo e la direzione del volo è regolata dalla controllo della velocità dei motori per mezzo di inverter e il quadro di controllo gestito da un computer (11). Infatti, è sufficiente variare i giri dei motori direzionali a destra o sinistra per far girare il velivolo a destra o a sinistra, come è sufficiente variare leggermente i giri dei motori di sollevamento per equilibrare i carichi squilibrati esistenti all’interno e all’esterno del velivolo.
La disposizione della parte interna del velivolo è simbolica, essendo divisa in tre settori: zona passeggeri, produzione di energia elettrica e accumulo aria compressa, che secondo l’uso che si fa del velivolo, possono essere ridotte, ampliate o eliminate. Possono anche essere disposte in altezza su piani diversi.
Osservando queste due figure, si può presumere l’immenso grado di sicurezza dei voli. Infatti se contiamo il numero dei tunnel di spinta, nell’esempio indicato, ne abbiamo ben quindici verticali e quattro orizzontali, con tre turboventilatori cadauno. In totale in questa semplice applicazione simbolica avremmo ben cinquantasette turboventilatori (13) che non sarebbero altro che ventilatori multistadio ad alta prevalenza azionati da motori elettrici, tramite inverter, con variazioni di frequenza, che potrebbero girare fino a circa 15.000 giri al minuto e anche oltre. I quali, tutti insieme, probabilmente, costerebbero di meno degli attuali turbo ventilatori termici che necessitano di camere di combustione, turbine gas, alberi di trasmissione, riduttori a ingranaggi e complicati sistemi di equilibratura del velivolo in volo, allo scopo di risparmiare l’energia necessaria per il volo. Mentre il costo dei combustibili e l’inquinamento che producono dovrebbe farci chiedere quali sono le cause che hanno impedito il ragionamento logico e razionale a intere generazioni di scienziati inventori e ricercatori a livello mondiale? Non sarebbe stato più logico concentrare la ricerca su un sistema che produca energia sostenibile e non inquinante potente e con ingombri accettabili, per poi dare libero sfogo alle invenzioni dei mezzi di trasporto terrestri, marini e aerei? L’energia idroelettrica pressurizzata mobile si basa sulla fisica ordinaria. Poteva essere inventata insieme ai motori termici, perché è anche più semplice nel funzionamento. Con le invenzioni degli inverter, dei computer e dell’elettronica di controllo, oggi sarebbe molto più gestibile, economica dell’energia termica, a prescindere dall’inquinamento. Quali sono le ragioni dei silenzi della scienza pubblica mondiale su questo tipo di energia, che ancora non trova interlocutori? Io penso che la causa principale di questi ritardi nello sviluppo globale delle tecnologie, sia dovuta soprattutto alla incapacità degli enti pubblici mondiali di cercare sinergie al di sopra delle parti, sperimentando prototipi che mettono insieme trasversalmente le tecnologie sviluppate nei singoli settori. In altre parole, la ricerca pubblica mondiale non svolge il ruolo di coordinamento delle scienze e delle tecnologie che dovrebbe svolgere, selezionando le soluzioni migliori nell’interesse comune. Gli enti di ricerca pubblici si comportano come le aziende private, sviluppano anche loro soluzioni energetiche specialistiche in singoli settori e le brevettano per trarne profitto, invece di sviluppare soluzioni collegiali e globali nell’interesse comune, mettendole a disposizione di tutti, riservandosi soltanto la proprietà intellettuale. Per come è strutturata, da sempre, la società mondiale, è ovvio che le aziende private, non possono studiare soluzioni trasversali, dovendo combattere sul piano commerciale con le aziende concorrenti, tutte specializzate in singoli settori. Al massimo le aziende private possono migliorare la tecnologia, la qualità, la produttività per essere competitive. Mentre, invece, oggi è necessario ripartire da zero nelle progettazioni basilari energetiche e ambientali, per cercare nuovi modelli di sviluppo, più sostenibili, sfruttando tutti i progressi tecnologici avvenuti e mettendoli insieme razionalmente. Questo non può avvenire fino a quando non cambiano soprattutto i sistemi energetici che oggi hanno bassissimi rendimenti.
Nessuno poteva pensare che il più ingombrante dei sistemi energetici, quello idroelettrico, che oggi richiede grandi dighe e grandi bacini, poteva essere miniaturizzato, fino a farlo entrare nel cofano di un auto, se studiato diversamente e accoppiato con l’aria compressa. Solo ragionando trasversalmente alle scienze e alle tecnologie, come dovrebbe fare la scienza pubblica, poteva essere concepito questo nuovo modo di produrre energia sostenibile con altissimi rendimenti applicabile anche sui mezzi di trasporto e questo sistema di volo, che per essere affidabile non deve risparmiare energia. Infatti, non utilizza quasi nulla degli attuali sistemi di volo terrestri e spaziali e nemmeno degli gli attuali sistemi energetici. A nessuno dovrebbe dispiacere di viaggiare nell’atmosfera e nello spazio senza inquinare e consumare soldi per i combustibili e olii lubrificanti e con la massima sicurezza rispetto all’attuale modo di volare nell’atmosfera e nello spazio. Secondo la logica, del risparmio economico e della tutela dell’ambiente, così avrebbe dovuto essere anche per, i trasporti terrestri, ma il motore idroelettrico montato sull’auto non ha avuto commenti da parte della scienza pubblica e privata. Le quali hanno taciuto anche su tutte le altre applicazioni rivoluzionarie in tutti i settori energetici, depurativi, della distribuzione idrica, delle dissalazioni, degli impianti di riscaldamento e condizionamento urbani, fino alla protezione delle acque dei bacini e delle falde, che potrebbe avvenire semplicemente producendo energia in modo sostenibile.
La storia del progresso industriale è stata scritta da personaggi leggendari che passo dopo passo hanno migliorato caldaie e motori termici di tutti i tipi, portandoci anche nello spazio. Chiedere a tutti di rifare lo stesso percorso con i motori idroelettrici compressi, o con un’altra energia pulita e potente, quando sarà inventata, non è rinnegare la storia del progresso avvenuto. Ma semplicemente correggere gli errori che hanno portato al riscaldamento globale e a un’economia insostenibile per la maggioranza della popolazione mondiale. Non si possono comprendere moralmente, tecnicamente, scientificamente, economicamente, i silenzi, soprattutto, della scienza pubblica che stanno accompagnando questi brevetti di pubblica utilità e protettivi dell’ambiente.
Si riporta di seguito la legenda dei disegni FIG. 1, 2, 3, 4, riguardante un generico velivolo di piccole dimensioni che incorpora gli elementi essenziali del sistema descritto, dove le Fig. 1e 2 sono rispettivamente la sezione longitudinale e trasversale sui serbatoi di aria compressa, mentre, le Fig. 3 e 4 sono rispettivamente l’ingrandimento di uno schema di un singolo generatore di corrente idropneumatico e di una singola pompa con la doppia alimentazione separata fino alla girante:
(1) serbatoio autoclave pressurizzato; (1.1) regolatore di livello con sonde capacitive; (1.2) valvola di sicurezza; (1.3) manometro con valvola di intercettazione; (1.4) valvola motorizzata con regolazione flusso trasmettitore di posizione; (1.5) trasmettitore di portata o pressione; (1.6) sonda di minimo livello in fase di avviamento impianto; (2) pompa usata come turbina; (2.1) generatore di corrente alternata; (2.1.1) boccola con anello di tenuta; (2.1.2) rinvio angolare con ingranaggi conici; (2.1.3) albero di trasmissione; (2.1.4) tubo di protezione albero di trasmissione; (2.1.5) doppia curva con setti separatori incrociati in bassa pressione (lp) e alta pressione (hp); (2.1.6) setti separatori di flusso; (2.1.7) girante della pompa di tipo chiuso; (2.1.8) diffusore della pompa; (2.2) valvola motorizzata di alimentazione pompa usata come turbina con regolazione flusso; (3) serbatoio di transito acqua alla pressione atmosferica e di contenimento della pompa usata come turbina pat; (3.3) valvola di sfiato aria; (3.4) regolatore di livello con sonde capacitive; (3.5) valvola motorizzata di alimentazione pompa con regolazione flusso (3.6) sonda di massimo livello in fase di avviamento impianto; (4) elettropompa di alimentazione in bassa pressione (5) elettropompa con doppia alimentazione separata fino alla girante; (6) motore di azionamento pompa a giri variabili controllato da inverter; (7) doppia curva con setti separatori incrociati in bassa pressione (lp) e alta pressione (hp); (7.1) setti separatori di flusso; (8) valvola di ritegno. (9) tronchetto deviatore di flusso; (10) elettrocompressore; (11) quadro elettrico di comando e controllo; (12) serbatoi di accumulo aria compressa; (13) rete di distribuzione aria compressa; (13.1) elettrovalvole con regolatori di pressione aria compressa; (14) tunnel di spinta verticale; (15) supporto portante dei tunnel di spinta verticali; (16) tunnel di spinta orizzontale; (17) turboventilatore elettrico multistadio; (18) pannello asportabile per manutenzione; (19) essiccatore d’aria.
Il cuore di questo impianto, come di tutti gli impianti che si basano sulla produzione di energia idroelettrica con il riciclo dell’acqua è la pompa con la doppia alimentazione separata fino alla girante (5). Per comprendere come funziona la pompa con la doppia alimentazione fino alla girante, si può osservare la FIG. 3, e immaginare il centro della girante alimentato da quattro settori separati da una crociera a 90 gradi. Due sono alimentati in bassa pressione e due in alta pressione, possibilmente disposti in diagonale per equilibrare le spinte idrauliche sui cuscinetti. Inoltre, osservando il motore idroelettrico delle FIG.4, interno al velivolo, è necessario fare una distinzione tra la pressione statica e dinamica dell’impianto. La pressione statica è quella fornita dal cuscino di aria compressa e con la valvola (1.4) aperta, si diffonde sul lato destro della pompa con doppia alimentazione separata entrando anche nella girante. La pressione dinamica, o energia cinetica, è quella che fa circolare l’acqua all’interno dei tubi e dell’autoclave. Nel circuito aperto sul lato sinistro dell’autoclave per far circolare l’acqua è sufficiente aprire la valvola (2.2) e la pressione dell’aria fa circolare l’acqua nella turbina, ma la pressione dell’aria diminuisce man mano che si espande il volume di aria e l’acqua esce dal circuito. Mentre per far circolare l’acqua sul lato destro della pompa con la doppia alimentazione separata fino alla girante, occorre aprire la valvola (1.4) e far girare la pompa poiché la pressione statica già riempie l’intero circuito, arrivando anche nella girante, ma senza la pompa l’acqua non circola per evidenti ragioni. Comunque, è sufficiente fornire alla pompa la prevalenza di pochi cm di colonna di acqua per vincere la perdita di carico della valvola di ritegno, poiché la pressione statica non si oppone all’energia cinetica sviluppata internamente al volume di acqua immagazzinato. Quindi possiamo avere una pressione statica di 40 bar e una pressione dinamica di 0,5 bar. Ma la circolazione sul lato destro (osservando la FIG. 4) non produce energia, essendo soltanto un riciclo interno al volume di acqua immagazzinato. Per produrre energia dobbiamo utilizzare il circuito sul lato sinistro dell’autoclave passando attraverso la pompa usata come turbina (2) e inserire con un basso costo energetico l’acqua priva di pressione statica nel serbatoio autoclave, che all’attuale stato dell’arte richiede una pompa con una prevalenza che vinca la pressione statica e la perdita di carico, quindi una prevalenza superiore ai 40 bar. Questa è la ragione per la quale l’energia idroelettrica con il riciclo dell’acqua non è mai stata prodotta. Con la pompa con doppia alimentazione separata fino alla girante possiamo realizzare con un bassissimo costo energetico quest’applicazione che sembra impossibile, perché entrando dal lato aspirante della pompa che è già piena dell’acqua pressurizzata staticamente dall’autoclave, aggiriamo l’opposizione della pressione idrostatica, come se fosse una circolazione interna al volume di acqua pressurizzato. Infatti, la tubazione aspirante della pompa, che proviene dal lato sinistro (aperto) e dal lato destro (chiuso) è divisa in quattro settori fissi e separati (come si vede dalla FIG.3), pertanto, quando la girante ruota, fa avanzare verso l’autoclave l’acqua presente nella girante e produce in ogni quarto di settore del tubo di alimentazione una depressione che favorisce l’entrata dell’acqua nella girante sia dal lato destro, sia dal lato sinistro. Appena entrata l’acqua è coinvolta dall’accelerazione centrifuga verso la periferia, prodotta dalle alette della girante che è proporzionale al quadrato della velocità angolare, ed al raggio di rotazione, secondo coefficienti che dipendono dal tipo di girante. Ma la caratteristica importante della pompa con la doppia alimentazione separata è quella che la rotazione costringe la girante a ricevere in successione nello stesso quarto di girante, l’acqua aspirata dai quattro settori separati. Non contemporaneamente, come avviene con le pompe che hanno una sola alimentazione. Pertanto, l’acqua del circuito aperto (priva di pressione statica) e l’acqua del circuito chiuso (dotata della pressione statica dell’autoclave), si alterna nella stessa posizione e con la stessa direzione (verso l’uscita della girante). Questo funzionamento comporta che le portate si sommano, mentre la pressione totale (statica più dinamica) si diffonde nell’intera sezione di uscita, secondo il principio di Pascal. Ovviamente, poiché la pressione statica è trasmessa solo dal lato destro dell’impianto, per non avere cali di pressione nella pompa con la doppia alimentazione separata, le sezioni di passaggio devono essere dimensionate, per la trasmissione dell’intera portata e dell’intera pressione. Questa semplice modifica della pompa ci consente di recuperate con costi infinitesimi l’acqua che ha prodotto energia nella pompa usata come turbina idraulica (2) che si trova sul lato sinistro dell’impianto e di reinserirla nel circuito di riciclo dell’acqua pressurizzata del serbatoio, senza che avvenga il calo di pressione dovuto all’espansione del cuscino di aria, che avviene nelle normali autoclavi, il cui ripristino, richiederebbe energia sia da parte delle pompe che dei compressori.
Infatti, il sistema autoclave non è nato per produrre energia ma per limitare il numero degli avviamenti dei motori delle pompe, fornendo per qualche minuto all’impianto idraulico, che consuma l’acqua, il volume di acqua immagazzinato per mezzo dell’espansione del cuscino di aria. E’ ovvio, che lo stesso sistema può essere utilizzato per produrre energia se l’acqua si fa uscire dal circuito dell’autoclave (per produrre energia) e far rientrare contemporaneamente da un altro ingresso, senza cambiare il volume interno. Ovviamente, il rientro nell’autoclave pressurizzata non deve avvenire con la forza di una pompa multistadio, che consuma più energia di quella prodotta, dando ragione agli scettici che chiamano ironicamente “moto perpetuo” l’energia idroelettrica con il riciclo dell’acqua. Gli scettici hanno avuto ragione soltanto perché mancava l’invenzione della pompa con doppia alimentazione separata fino alla girante. Infatti, se la separazione del flusso non arriva dentro la girante e se questa non è in rotazione, il sistema non può funzionare, basandosi sulla pressione dinamica per aggirare la pressione statica. Nell’impianto idroelettrico pressurizzato la valvola (2.2), che alimenta la pompa usata come turbina, deve essere rigorosamente chiusa quando l’impianto non è in esercizio, altrimenti vengono meno le condizioni per la partenza dell’impianto.
Nell’impianto idroelettrico del velivolo di FIG. 4, facciamo espandere il cuscino di aria solo nella fase di avviamento del motore idraulico, per ridurre i costi della batteria di avviamento e dell’eventuale gruppo UPS trifase. Durante il normale esercizio, l’acqua che esce dall’autoclave è in quantità perfettamente uguale a quella che entra nella bocca di sinistra della pompa con la doppia alimentazione separata fino alla girante, perché il serbatoio pressurizzato (1) essendo completamente pieno di acqua e di aria, fa entrare al suo interni soltanto la stessa quantità di acqua che esce attraverso la valvola (2.2). Poiché, la bocca di destra della pompa con la doppia alimentazione separata (5) è adibita solo al riciclo dell’acqua pressurizzata dal cuscino di aria (la stessa pompa lavora con una bassissima prevalenza limitandosi a riciclare l’acqua nell’ambito dello stesso volume senza sollevarla o vincere la pressione del cuscino di aria compressa). Pertanto, regolando la velocità dei motori che alimentano le pompe 4 e 5, regoliamo anche la portata di acqua che passa attraverso la turbina e l’energia prodotta dai singoli generatori di corrente. La pompa (4) serve a vincere le perdite di carico delle valvole e pezzi speciali (3.5, 7, 8, 9), ed equilibrare le portate tra il lato destro e sinistro della pompa 5, non può fornire più portata di quella che esce dalla valvola 2.2. Tutte queste regolazioni sono possibili stabilendo a priori il limite di oscillazione del livello dell’acqua nei due serbatoi affiancati, sia per mezzo delle regolazioni delle valvole, sia delle velocità dei motori delle pompe, mentre il calo di pressione dell’aria compressa è regolato da un pressostato che alla minima variazione aziona il compressore. Quindi, nelle condizioni nominali di funzionamento, non avvenendo la variazione di volume di acqua nel serbatoio pressurizzato, non avviene nemmeno l’espansione del cuscino di aria, pertanto, non si consuma energia per comprimere il cuscino di aria (come avviene nelle attuali autoclavi). Tuttavia, l’acqua che esce dall’autoclave riceve ugualmente la pressione necessaria per produrre energia nella turbina. Ovviamente, l’assorbimento di energia non può essere eliminato completamente, ma si consuma soltanto una piccolissima percentuale delle attuali energie che assorbono i sistemi idraulici che devono sollevare le acque o comprimere i cuscini di aria.
Essendo i motori di azionamento delle pompe a giri variabili, questo impianto può produrre l’energia che serve a un mezzo di trasporto aereo a pieno carico, senza carico, nelle varie fasi di esercizio, semplicemente premendo il pedale di accelerazione del mezzo. Infatti, la centralina di controllo (11) ripartisce il flusso di energia al circuito elettrico del velivolo di trasporto, che, nel nell’esempio delle Fig. 1 e 2 è costituito principalmente dai cinquantasette motori a corrente alternata trifase dei turboventilatori e dai circuiti che alimentano i motori e le valvole degli stessi generatori di corrente e gli impianti di riscaldamento e condizionamento del velivolo. Le batterie di avviamento generale dell’impianto sono poco più grandi delle attuali batterie essendo alimentate da un gruppo UPS trifase. Esse devono aprire soltanto le valvole 2.2, affinché, le turbine inizino a girare, consentendo agli alternatori (2.1) di produrre l’energia che serve per far girare i motori delle pompe (4 e 5), successivamente le valvole (1.4 e 3.5) e alla fine gli impianti di riscaldamento e condizionamento. Solo alla fine i turboventilatori elettrici (17), prima quelli ubicati nei tunnel di spinta verticali (14) e poi quelli dei tunnel di spinta orizzontali (16).
Per realizzare l’impianto idroelettrico, le scelte possono essere molte, ma supponiamo di sfruttare una pressione del cuscino di aria di 400 m di colonna di acqua e una elettropompa usata come turbina con portata 300 L/s. Supponendo il rendimento sia 0,70, applicando la formula Pu = η*Q*Hu/102, abbiamo una produzione energetica di 823,5 KW (0,70 * 300 *400 / 102).
Assegnando alla pompa con doppia alimentazione separata una prevalenza di 1,0 m e un rendimento 0,6, la potenza assorbita dalla stessa, che porta una portata doppia di quella che passa nella turbina, calcolata con la formula: 1 * 600 / 102 * 0,6 = 3,52 KW. Mentre la pompa di circolazione supplementare (3.6), con una portata pari alla metà, supposta con lo stesso rendimento e prevalenza assorbe la metà dell’energia calcolata per la pompa a doppia alimentazione (1,76 Kw). Pertanto, l’assorbimento di energia totale sarebbe di soli 5,28 KW. (3,52+1,76). In questo caso il rapporto tra l’energia spesa e resa è 156 (823,5/5,28).
Infatti, le perdite di carico nelle valvole, nella turbina, i pezzi speciali e le perdite allo sbocco, sono tutte assorbite dalle pressioni dinamiche che si sviluppano nelle tubazioni che alimentano la pompa sotto un battente positivo, da entrambi i lati, mentre in mandata non abbiamo perdite di carico apprezzabili, non superando il livello dell’acqua (che è incomprimibile). Non c’è da meravigliarsi di questo risultato, considerando che i gas compressi sono accumulatori di energia più potenti, flessibili ed economici degli accumulatori di energia elettrica.
Nella fase di funzionamento a regime, il cuscino di aria, controllato dal regolatore (1.1), non si espande, pertanto l’acqua rientra tutta nell’autoclave attraverso le due entrate della pompa con doppia alimentazione separata. Infatti, la doppia alimentazione separata fino alla girante, consente di avere portate molto simili per mezzo della regolazione delle valvole (1.4, 2.2, 3.5) e i giri della pompa (4), nonostante la differenza di pressione statica esistente sull’alimentazione. Pertanto, possiamo stimare che il 50% della portata totale della pompa con la doppia alimentazione separata (5) passa dal lato destro (che è un semplice riciclo) e il 50% dal lato sinistro (attraverso la pompa usata come turbina), producendo energia. Infatti, la turbina scarica l’acqua nel serbatoio (3), dal quale, la pompa a bassa pressione (4), la valvola di ritegno (8), il tronchetto deviatore di flusso (9), la doppia curva con setti separatori, alimentano il lato sinistro della pompa con doppia alimentazione separata (5). La spesa energetica prevista per far la pompa (4), appresso stimata, non è quella che sarebbero necessaria se avessimo usato i circuiti idraulici e le elettropompe usuali, per far rientrare l’acqua nell’autoclave, ma soltanto quella per far arrivare l’acqua nella girante della pompa con la doppia alimentazione. Chi porterà l’acqua all’interno dell’autoclave è il circuito sul lato destro della pompa, dove le pressioni statiche sulla mandata e l’aspirazione, sono in equilibrio e quindi la direzione del flusso dell’acqua dipende soltanto dalla rotazione della girante. Conseguentemente, anche l’acqua che proviene dal lato sinistro si inserisce in tale flusso, non solo perché la girante è comune, ma anche perché i setti divisori (2.1.6) che arrivano lambire il profilo della girante, fungono da valvola di anti ritorno, inoltre, la rotazione fa entrare in ogni quarto di settore della crociera riportata nella FIG.3 in successione acqua in alta e bassa pressione (hp + lp) che avendo la stessa direzione si sommano, non si contrastano, anche in accordo alla legge di Pascal che afferma che la pressione si espande in tutte le direzioni (quando è statica). Quando esiste un flusso unidirezionale, condizionato dalla rotazione di una pompa, le pareti dei tubi e valvole di ritegno la pressione dinamica è obbligata a espandersi nella direzione del flusso.
Come scritto sopra, anche se sembra impossibile, questo impianto produce energia senza consumare l’acqua che ricircola tra i due serbatoi. Invece, consuma una piccola quantità di aria compressa, che solubilizzata nell’acqua dell’autoclave, si libera nell’atmosfera quando l’acqua è scaricata alla pressione atmosferica nel serbatoio (3), ma questo fenomeno è quantificabile in milligrammi di gas per litro di acqua (azoto, ossigeno, CO2) secondo la legge di Dalton di cui si riportano di seguito le formule principali (estratte dalla letteratura scientifica) e considerazioni personali che spiegano i concetti, senza entrare nel merito dei calcoli:
Infatti, in una miscela di gas ideali contenuta in un volume V e alla temperatura T, le molecole di ciascun gas si comportano indipendentemente dalle molecole degli altri gas; come conseguenza si ha che la pressione esercitata dalla miscela gassosa sulle pareti del contenitore e sulla superficie dell’acqua è data da: dove, R è una costante che vale 0,0821; , … rappresentano il numero di moli di ciascun componente della miscela. Questa legge è valida alle stesse condizioni alle quali è valida la legge dei gas ideali: è approssimata a pressioni moderate, ma diventa sempre più accurata quanto più si abbassa la pressione. Definendo la frazione molare come rapporto tra il numero di moli dell’i-esimo componente ed il numero totale di moli presenti: si ottiene che in una miscela di gas ideali, la pressione parziale di ogni componente è data dalla pressione totale moltiplicata per la frazione molare di tale componente: .
Nella sostanza, per ogni gas presente nell’aria è possibile calcolare in che percentuale si solubilizza nell’acqua alla pressione di esercizio, ma ai fini pratici, l’energia che spenderemo per comprimere l’aria sarà una piccola spesa, poiché l’aria compressa, non uscendo mai dal volume del serbatoio (1) ha solo piccole oscillazioni di pressione, e una volta raggiunto il punto di saturazione non si solubilizza altra aria. Quella che si consuma è dovuta alla minore solubilizzazione dei gas nell’acqua, alla pressione atmosferica. Infatti, quando l’acqua attraversa il serbatoio (3), dotato di sfiati per l’aria, libera una piccola parte di aria, che diventa insolubile alla pressione atmosferica, che esce dallo sfiato (3.3). Ma, ovviamente, i tempi di transito in tale serbatoio sono molto stretti e il processo di espulsione completo dell’aria non può avvenire, in quanto, l’acqua rientra subito nel serbatoio (1) dove il gas non può più uscire dalla superficie dell’acqua, ritornando di nuovo alle condizioni di massima solubilizzazione.
Ovviamente, per mantenere costanti i livelli di acqua dei due serbatoi è necessaria una gestione computerizzata del grado di apertura delle valvole motorizzate (1.4 – 2.2 – 3.5), di cui, almeno quella che alimenta la turbina deve essere alimentata a 24 volt c.c., dovendo essere manovrata anche nella fase iniziale dell’avviamento dell’impianto, quando l’impianto non produce ancora energia.
Può sembrare strano che questo sistema così importante per lo sviluppo dei trasporti aerei terrestri e spaziali, che coinvolge molte tecnologie, senza la pompa con la doppia alimentazione separata fino alla girante (5) non sarebbe stato possibile pensare. Infatti non sarebbe stato possibile aggirare la pressione dell’autoclave (1) e non sarebbe stato possibile produrre energia. Ma è importante anche il modo in cui si alimenta la pompa che deve partire da una certa distanza dalla pompa, affinché nella sezione di ingresso della pompa abbiamo quattro flussi separati di cui due in alta pressione (hp) e due in bassa pressione (lp), possibilmente disposti in diagonale. Affinché questa separazione dei flussi possa avvenire è necessario partire dai tronchetti deviatori di flusso (9) in quanto la doppia curva con setti separatori (7), deve già ricevere il flusso canalizzato nella corretta posizione, affinché li possa incrociare, alimentando i quattro settori interni alla girante nel modo corretto. Quindi, le mezze curve del particolare (7) utilizzano soltanto mezza sezione di passaggio, già disposte in diagonale, che confluiscono in una sola sezione di ingresso della pompa già divisa in quattro settori senza interruzioni di flusso fino alle alette della girante, che in questa applicazione sarà del tipo chiuso. Nell’impianto proposto la prevalenza da assegnare alla pompa con doppia alimentazione separata, serve a vincere la resistenza della valvola di ritegno (8) e a far rientrare, insieme all’acqua riciclata, tutta l’acqua che esce dal circuito aperto (che passa attraverso la turbina), di nuovo nel serbatoio (1). Pertanto la pompa con la doppia alimentazione separata (5) deve svolgere ben cinque funzioni:
1. permettere l’ingresso dell’acqua in bassa pressione del lato sinistro, spinta dalla pompa (4) nella girante della pompa con la doppia alimentazione separata fino alla girante (5 )
2. permettere la circolazione l’acqua in alta pressione statica sul lato destro che non circolerebbe senza la rotazione della girante, poiché la pressione a monte e a valle della pompa sarebbe in equilibrio statico;
3. permettere la somma delle due portate separate nella girante in rotazione (che non arrivano insieme ma si succedono in ogni quarto di sezione di ingresso per ogni giro della girante);
4. permettere l’espansione della pressione totale proveniente dal lato destro nel corpo pompa secondo il principio di Pascal (Sebbene la pressione statica sia in equilibrio, quella dinamica prodotta dalla pompa con la doppia alimentazione separata, consente la circolazione dell’acqua all’interno del volume di acqua accumulato con una piccola prevalenza della pompa, poiché la mandata della pompa e l’aspirazione coincidono almeno su una delle due bocche aspiranti. Pertanto, la pressione dinamica, prodotta dalla pompa si somma a quella statica e si espande nella direzione del flusso, spingendo nell’autoclave anche l’acqua proveniente dal lato sinistro della pompa con alimentazione separata, che da sola non avrebbe la forza di entrare e di attraversare l’autoclave.
5. permettere di vincere la perdita di carico della valvola di ritegno (8) con la prevalenza della pompa che dipende dal tipo di girante e corpo pompa utilizzato.
Se avvengono queste cinque operazioni, come scritto sopra, non varia il volume di acqua all’interno del serbatoio pressurizzato. Pertanto, non dobbiamo ripristinare la pressione del cuscino di aria, ed essendo i percorsi brevissimi, non abbiamo apprezzabili perdite di carico fisse, a parte quelle che produciamo spontaneamente per la regolazione della portata e dei livelli tramite la parzializzazione delle valvole nelle fasi di avviamento e di rallentamento della velocità e della coppia. Nessuna di queste funzioni richiede una precisa perdita di carico, a parte la valvola di ritegno (8), che dipende dalla velocità dell’acqua e al massimo può arrivare a 0,5 m, pertanto nel calcolo indicativo della potenza assorbita delle pompe (4 e 5 ) durante il normale esercizio è stata prevista la prevalenza di 1 m di colonna d’acqua, stimando un assorbimento medio, rispettivamente di 1.76 e 3,52 kw, che non rappresenta la potenza installata, ma quella mediamente consumata, dovendo le pompe a giri variabili fronteggiare anche condizioni di maggiore e minore assorbimento. Tuttavia, il valore è indicativo del fatto che con una piccola energia consumata, prodotta dallo stesso impianto, è possibile sviluppare e consumare un’energia molto superiore sfruttando regimi idraulici diversi e l’accumulatore di energia che è il cuscino di aria. Questo sistema non è contemplato in nessuna teoria degli scienziati come Eulero, Bernoulli, Newton, Stokes, Leibniz, Heisenberg, Carnot, Fick, Hamilton, che in vari modo hanno legiferato leggi sulla conservazione dell’energia riferita a sistemi isolati, meccanici, idraulici, termici, chimici, fisici. Si può dire che il motore idroelettrico è un’applicazione pratica che rispetta tali principi, ma nello stesso tempo ne supera i limiti realizzando un sistema aperto che trasferisce l’energia da un sistema all’altro, pur senza arrivare a energie di massa molto più potenti, ma difficilmente controllabili dall’uomo, iniziate partendo dagli studi di Einsten.
Applicabilità industriale.
La produzione di energia elettrica rinnovabile a bordo di qualsiasi mezzo di trasporto è la migliore soluzione dal punto di vista tecnico economico, a prescindere dagli aspetti ambientali, perché semplifica anche le progettazioni meccaniche. Infatti, potendo posizionare i produttori di energia dove si vuole, tutti gli attuali motori termici possono essere sostituiti da motori elettrici. Non solo la trasmissione della potenza elettrica costa molto di meno della trasmissione meccanica, eliminando alberi di trasmissioni, riduttori a ingranaggi, sollecitazioni termiche dei materiali, ma è anche più facilmente regolabile per mezzo dell’elettronica di controllo e degli inverter.
La scienza sta provando da molto tempo a produrre energia con piccoli ingombri ma, fino ad ora ha fallito concentrandosi soprattutto su energie nucleari e manipolazioni varie della materia. Mentre per il sottoscritto è più semplice sfruttare l’energia di posizione dell’acqua espulsa da circuiti idraulici sempre pieni, purché, i circuiti siano studiati in modo da sfruttare regimi idraulici diversi: favorevoli al risparmio energetico nella fase di recupero dell’acqua e favorevoli alla produzione di energia nella fase di uscita dell’acqua dagli impianti. Infatti, è necessario, in particolare, di sfatare il mito degli ingombri e dei pesi che tutti hanno dell’energia idroelettrica, che è stata sbagliata dall’avvento dell’epoca industriale, sfruttando soltanto l’energia più appariscente, che è quella con il salto idraulico. Come indicato nella FIG. 1, l’energia idroelettrica sui sistemi mobili, può occupare gli spazi occupati attualmente dai serbatoi dei combustibili che non servono. Se consideriamo il peso del combustibile, dei motori termici, degli impianti di raffreddamento e delle trasmissioni meccaniche, non si può dire, che producendo energia idroelettrica a bordo del velivolo appesantiamo il sistema di volo. Se il sistema diventa più pesante e ingombrante è dovuto al fatto che aumentiamo le capacità di carico e la sicurezza dei voli, approfittando del basso costo dell’energia.
I vantaggi sono enormi perché l’energia idroelettrica pressurizzata non consuma combustibili ma solo l’usura dei materiali, come avviene per quella prodotta sfruttando l’energia di posizione dell’acqua dei bacini di montagna. Anche sfruttando la pressione artificiale dell’aria compressa, con minori ingombri, otteniamo gli stessi risultati. Infatti, produciamo energia con la pressione di un cuscino di aria che non potendo espandersi espelle l’acqua in eccesso da un circuito idraulico sempre pieno, che alimenta una turbina idraulica. Pertanto sfruttiamo una pressione statica, come nei bacini naturali si sfrutta la pressione atmosferica. Non essendoci sollecitazioni termiche, non si stressano nemmeno i materiali.
Se supponiamo che il velivolo della FIG 1 e 2 abbia nello spazio assegnato alla produzione energetica, tre generatori di energia idroelettrica pressurizzata in esercizio, con una portata di acqua di 300 L/s pressurizzati a 40 bar come calcolato nella descrizione, possiamo ipotizzare che abbia a disposizione del velivolo circa 2.455 Kw [(823,5 – 5,28) * 3], quindi, circa 43 Kw per ognuno dei cinquantasette turboventilatori previsti per il velivolo, i quali non funzioneranno mai tutti insieme e al massimo regime. Il massimo assorbimento che possiamo avere è nella fase di decollo verticale con i quarantacinque motori dei turboventilatori di sollevamento sui quali potrebbe essere concentrata l’intera energia fino al raggiungimento della quota prevista per il trasporto orizzontale dove si ridurrebbero i giri dei turboventilatori di sollevamento e si metterebbero in funzione quelli di spinta orizzontale che richiedono minore energia, non dovendo contrastare la forza gravitazionale ma soltanto l’attrito con l’aria. Quindi nella fase di sollevamento potremmo avere a disposizione circa 54,5 KW per motore (2455/45). Se riciclando 300 L/s in una turbina ci consente di produrre circa 818 kw possiamo ipotizzare che sia sufficiente un volume di acqua di 1500 litri e che l’intero impianto di riciclo pesi circa 2500 Kg. Facciamo un piccolo calcolo per sollevare contro la forza di gravità 2500 kg alla velocità di 50 km/h (trasformando la forza peso in Newton e la velocità in m/s, con sistema ipotizzato prudentemente con un rendimento generale del 25 %. Non avvenendo il sollevamento direttamente, ma attraverso la circolazione dell’aria nei turboentilatori, con tutti i fenomeni fisici che intervengono) secondo l’espressione F*s /t, avremo una potenza spesa di 86,8 Kw [(25000*50.000/3600) *0,25 /1000], che è circa il 10 % dell’energia prodotta. I restanti 731 kW possono essere impiegati per sollevare il velivolo e i passeggeri. Se queste sono le proporzioni tra l’energia prodotta e consumata per il sollevamento del velivolo nelle peggiori condizioni di esercizio, possiamo anche ipotizzare di utilizzare il sistema completo di serbatoi di aria compressa anche nell’ambiente terrestre per aumentare la sicurezza e l’efficienza dei voli. Infatti, durante il decollo, invece di sfruttare soltanto l’energia prodotta dai turbo ventilatori, possiamo sommare tale energia allo svuotamento dei serbatoi pressurizzati che farebbero uscire l’aria dalla stessa uscita dei tunnel di spinta verticali. Inoltre, sostenendo i tunnel di spinta verticali (14) con i supporti (15) che lasciano passare l’aria, che rimbalza al suolo ritornando verso il velivolo, aumentiamo ancora di più l’efficienza del sollevamento al decollo. Dopo il decollo i serbatoi dell’aria compressa sarebbero pressurizzati di nuovo prendendo aria atmosferica durante il volo, per utilizzarla, come un paracaduta nel caso di un incidente di volo, oppure per rallentare la discesa in accoppiamento sempre con la riduzione dei giri dei turboventilatori.
Ma questo sistema di volo è vantaggioso perché se abbiamo bisogno di una maggiore capacità di carico, nell’apposito spazio riservato alla produzione energetica si inserisce un nuovo gruppo di produzione energetica che si somma agli altri esistenti, oppure si sostituisce un gruppo con un altro più potente, senza cambiare i motori di spinta, come avverrebbe negli attuali sistemi di volo. Se, invece non sono sufficienti i motori di spinta verticali o orizzontali, si aumentano il numero di tali elementi, che come scritto, circondano l’intero velivolo e lo possono anche attraversare verticalmente, come indicato nelle Fig. 1 e 2. Ovviamente, nelle astronavi di maggiori dimensioni, ci potrebbero essere molti attraversamenti di tunnel con più turboventilatori di quanti rappresentati nei disegni, non solo verticali ma anche orizzontali con immense capacità di carico, portandosi nello spazio una grande quantità di serbatoi con aria compressa per garantire il viaggio di ritorno sulla Terra. Fermo restando che, come scritto nella descrizione, l’ossigeno l’azoto e il CO2 si potrebbero produrre anche in astronavi serra appositamente attrezzate per la vita dell’uomo nello spazio. Anche in questo caso l’energia idroelettrica pressurizzata con aria compressa sarebbe preziosa perché dissolve ossigeno nell’acqua contribuendo alla depurazione.
Quello che è importante è il fatto che sia sulla Terra che nello spazio, non avremmo bisogno di combustibili e nemmeno di materiali radioattivi, non emetteremmo sostanze inquinanti, e avrebbero una sicurezza di volo centinaia di volte superiore ai voli attuali.
Non è necessario in questo deposito di brevetto scendere nei dettagli dei calcoli energetici per il volo in atmosfera e nello spazio, poiché, le variabili sono moltissime e qualsiasi risultato di fabbisogno energetico venga fuori è sempre superabile dal basso costo dell’energia prodotta con il riciclo dell’acqua pressurizzata con l’aria compressa. Questa soluzione diventa sempre più conveniente aumentando la portata dell’acqua, poiché se è vero che la potenza prodotta è proporzionale alla pressione del cuscino di aria che non si consuma, è anche vero che è proporzionale alla portata dell’acqua che nemmeno si consuma. Circolando con bassa prevalenza della pompa all’interno del volume di acqua accumulato nel serbatoio pressurizzato, aumenta ancora di più il rapporto di convenienza tra l’energia consumata e prodotta per produrre energia. Tale rapporto nell’esempio calcolato, con soli 300 L/s e 40 bar di pressione statica dell’aria è già 1/156, e, come detto, può aumentare molto. Io non so se le energie nucleari tanto agognate dalla scienza ufficiale possano attivare a questi risultati, per giunta ossigenando l’acqua. So soltanto che fino ad ora, i risultati sono stati abbastanza deludenti nonostante le molte centinaia di miliardi spese in tutto il mondo. Queste soluzioni, che non costano un solo euro o dollaro a nessun contribuente mondiale, nascono dall’esperienza, non dalle teorie. Mettendo insieme le diverse tecnologie e cercando le sinergie tra principi scientifici e macchine che svolgono lavori diversi. Cercando condizioni di favore naturali e tecnologiche, che nessuno ha cercato trasversalmente, perché tutti cercano di sfruttare una sola scienza e una sola tecnologia per volta, mentre in natura sono state le sinergie tra diversi principi fisici, chimici e biologici a creare la vita sulla Terra, partendo dalla fotosintesi. Noi uomini, a questi principi possiamo aggiungere la tecnologia sviluppata meccanica, elettrica, elettronica, informatica, possibilmente, senza aprire cicli termici, che non si possono chiudere, soprattutto, nei sistemi mobili. Non è un caso, che queste soluzioni non esistano dopo oltre centocinquanta anni di sviluppo industriale, perché ancora non abbiamo chiuso i cicli termici nei grandi impianti termici fissi, anche se, come dimostrato su http:www.spawhe.eu, avremmo potuto farlo, realizzando gli impianti al posto giusto e della dimensione giusta, modificando le ciminiere e proseguendo il ciclo del CO2 con acqua in serre calcaree. Se la scienza, l’industria, la legislazione mondiale, non hanno pulito l’energia termica negli impianti fissi, che è facile da pulire, come potevamo pensare che avrebbero risolto il problema sugli impianti mobili, di trasporto e di lavoro terrestri, marini e spaziali?
Lavorando a compartimenti stagni, le varie scienze e le varie tecnologie, non hanno mai messo insieme pompe e turbine idrauliche nello stesso circuito idraulico e nemmeno sfruttato i cuscini di aria delle autoclavi a senso unico, senza farli espandere, che è l’unico modo per produrre energia senza consumarla tutta nello stesso impianto, nel tentativo di recuperare l’acqua nel modo sbagliato, ovvero, senza le pompe con la doppia alimentazione separata fino alla girante. Queste considerazioni tecniche trascurate dalla classe dirigente mondiale a tutti i livelli, come scritto, possono portare anche a un sistema di trasporto aereo sostenibile terrestre e spaziale, nonostante gli alti fabbisogni energetici che sono necessari. Basti pensare che il rapporto tra l’energia spesa calcolato nell’esempio sopra riportato si riferisce allo stesso sistema che utilizza regimi di circolazione dell’acqua diversi. Non ci vuole molto a comprendere che se l’aria del cuscino di aria si espande, come si espande negli attuali impianti autoclave, consuma energia. Per non consumarla era necessaria l’invenzione della pompa con la doppia alimentazione separata fino alla girante, perché crea il collegamento tra due regimi idraulici di circolazione dell’acqua, di cui uno è aperto e l’altro chiuso. Il circuito aperto produce energia nella turbina idraulica e quello chiuso pressurizzato la risparmia. L’energia elettrica, prodotta a freddo, che non ha bisogno di altre trasformazioni, può essere applicata direttamente sulle pale della turbina che produce energia elettrica e fa girare i turboventilatori. Ma ci sono altri margini per l’alleggerimento degli impianti elettrici in particolare (motori e alternatori), aumentando la tensione di esercizio della rete di alimentazione elettrica dei turboventilatori. Come ci sono ampi margini per l’alleggerimento dei materiali con i quali sono costruite le pompe le turbine e le saracinesche idrauliche, che oggi sono costruite in acciaio e ghisa per impieghi esclusivamente terrestri. Questo significa che dal punto di vista energetico sostenibile siamo ancora all’anno zero terrestre, perché ancora non siamo arrivati a produrre energia elettrica riciclando l’acqua in modo vantaggioso. Mentre per quanto riguarda i sistemi di trasporto aerei e spaziali non siamo ancora arrivati all’anno zero, perché quando il mondo comprenderà che questo è il modo migliore di produrre energia pulita, potente e sostenibile, dobbiamo alleggerire tutti i materiali che compongono gli impianti energetici, non tanto per risparmiare energia, che non costerà quasi nulla, ma per non portare pesi inutili nello spazio. Ma soprattutto, nel settore aeronautico e spaziale siamo all’anno zero perché vengono meno i principi fondamentali delle progettazioni, interamente basati su energie termiche fossili e chimiche, che hanno condizionato anche la forma costruttiva degli aerei e navicelle spaziali, entrambe insostenibili dal punto di vista ambientale. Non è possibile che tutti comprendano i difficilissimi concetti della teoria della relatività, della meccanica quantistica, e della fisica teorica, e contemporaneamente, l’intera scienza mondiale, compresa quella spaziale, che è all’avanguardia, non comprenda il semplice accoppiamento corretto negli impianti dell’acqua incomprimibile e dell’aria comprimibile, che dal punto di vista energetico e depurativo, avrebbe evitato disastri economici e ambientali, compreso il riscaldamento globale.
Per quanto riguarda i tunnel di spinta verticali e orizzontali, incorporanti turboventilatori assiali in serie, è una soluzione del tutto originale, poiché tale soluzione negli impieghi industriale non serve, essendo nelle altre applicazioni sufficienti i ventilatori centrifughi e soffianti che non hanno bisogno di altissime prevalenze. Solo nel futuro settore aeronautico e spaziale si può affermare questa applicazione, dove si sono affermarti i turboventilatori assiali termici, i quali sono molto più potenti, ma come scritto, li fanno girare le turbine a gas con combustibili chimici e fossili, non compatibili con l’economia e con l’ambiente.
I tunnel di spinta diventeranno importanti soltanto se si produrrà energia elettrica in abbondanza sui velivoli. Infatti, avendo a disposizione una maggiore quantità di energia ma, meno potente senza le camere di combustione dei gas, sarà necessario aumentare la prevalenza dei ventilatori multi stadio assiali ponendoli all’interno dei tunnel intervallati da ampliamenti di sezioni, che rallentando la velocità, consentono di sommare le pressioni, mentre le portate di aria si sommano facendo lavorare in parallelo molti tunnel in orizzontale e verticale in funzione della velocità da raggiungere e del carico da trasportare. Sicuramente ci sono dei limiti alla velocità che possiamo raggiungere a causa dell’opposizione della gravità, delle resistenze dell’aria atmosferica e delle perdite di carico dell’aria compressa nei vari stadi di compressione e del tunnel stesso. Non ci sono limiti ai carichi che possiamo sollevare nell’atmosfera, se abbiamo una fonte energetica che utilizza aria e acqua senza consumarle e impiega soltanto una piccola percentuale dell’energia che produce per sollevare il proprio peso. I tunnel di spinta diventano ancora più importanti in alta quota, quando l’atmosfera si riduce di densità, e nel vuoto, perché la riduzione di densità si può compensare sia incrementando i numeri di giri dei motori dei turbo ventilatori, sia iniettando aria compressa negli stessi tunnel, che non fanno disperdere nulla fino all’uscita nell’atmosfera. Ovviamente, nel vuoto deve essere tutto affidato all’iniezione di aria, che per risparmiarne la quantità, si fa in bassa pressione per mezzo di riduttori di pressione a si comprime nei tunnel, aumentandone la densità e creando la spinta di reazione.
Noi non sappiamo, quali siano le energie del futuro per la NASA, perché, fino ad ora, per la propulsione, ha sempre usato energie termiche molto potenti, che, a parte il costo e l’inquinamento che producono, hanno soprattutto, una scarsa autonomia di volo, perché il combustibile si consuma molto velocemente, soprattutto nella fase di lancio, dove, invece, l’energia idroelettrica compressa non consumerebbe niente, prelevando l’aria dall’atmosfera. Pertanto, il problema energetico si pone nella fase successiva, quando manca l’aria esterna al velivolo spaziale per creare la spinta nei tunnel con turboventilatori. Quindi, la soluzione è quella di portarsi appresso l’aria compressa alla massima pressione consentita dalla fisica, cioè allo stato liquido, che nei tunnel si trasforma in vapore, dove i turbo ventilatori, anche a basso numeri di giri, potrebbero creare delle spinte a impulsi, più o meno lunghe, per cambiare le direzioni di navigazioni che servono.
Fino a quando restano validi i principi di Newton, i tunnel di spinta sono un’invenzione logica per viaggiare nell’atmosfera e nello spazio con l’energia elettrica prodotta a freddo, potenziando al massimo i gas atmosferici o immagazzinandoli in serbatoi, nel caso il viaggio sia spaziale. Anche se al posto dell’energia idroelettrica pressurizzata, si usasse un altro tipo di energia elettrica fredda che non produce un gas o un vapore ad alta pressione, i tunnel di spinta servirebbero ugualmente. Ma allo stato dell’arte, le altre energie fredde non possono nemmeno essere prese in considerazione per questa applicazione, essendo esse ingombranti e con basso rendimento.
Ovviamente, cambiando la fonte energetica, cambia anche il modo di progettare gli impianti di trasporto aerei. Come si vede dalle Fig. 1 e 2, i tunnel di spinta, costituiranno la struttura portante del velivolo, in particolare, quelli disposti verticalmente. Infatti, se l’energia non costa quasi nulla, non conviene risparmiarla, ma utilizzarla per sostenere i carichi e controllare il velivolo durante tutte le manovre (per mezzo della variazione dei giri dei turboventilatori elettrici). Non serviranno i carrelli di decollo e atterraggio. Conviene sostenere i carichi direttamente attraverso i tunnel di ventilazione verticali (14), senza affidarsi all’energia cinetica e alla portanza delle ali del velivolo. Perciò, almeno tali tunnel e i supporti portanti degli stessi (15), conviene realizzarli in acciaio al nichel cromo che, a parità di spessore è tre volte più resistente delle leghe di alluminio. Mentre i materiali impiegati nella costruzione delle parti rotanti dei turboventilatori saranno la fibra di carbonio e il kevlar, che anche nelle parti non termiche degli attuali turboventilatori stanno sostituendo l’acciaio, essendo più leggeri a parità di resistenza.
La figura sopra rappresenta un canadair del futuro. Gli incendi che questa estate (2017) stanno devastando molti paesi e in particolare l’Italia e la Francia, dovrebbero far riflettere i potenti della Terra. Estraggo questo articolo da una pubblicazione del sottoscritto https://www.spawhe.eu/aerospatial-pressurized-hydroelectric-transport-system/. Infatti, se è sbagliato il sistema energetico mondiale, è sbagliata l’intera storia dell’umanità, che sta riscaldando il pianeta e incrementando gli incendi, ma è sbagliato anche il modo di volare e quello di spegnere gli incendi. Inoltre, non è più logico fare stazionare in posizione fissa il canadair per il tempo necessario sul focolaio dell’incendio, che disperdere l’acqua dove non serve? Questo non si può fare con l’attuale sistema energetico perché il canadair non avrebbe la spinta verticale per contrastare la forza gravitazionale. Però, si potrebbe fare, se l’energia per tenere in volo il canadair non costasse niente (a parte l’usura dei materiali che compongono l’impianto). Supponendo che l’energia elettrica costasse pochissimo produrla a bordo dei velivoli con acqua riciclata e aria compressa, il trasporto aereo diventerebbe il mezzo più economico per spostare grandi volumi e pesi, compresa l’acqua antincendio, in quanto non servirebbero altre infrastrutture, come, strade, ferrovie, gallerie, porti. Se consideriamo il traffico stradale che incontrano le autobotti dei vigili del fuoco, conviene utilizzare il sistema aereo anche per spegnere gli incendi urbani. Non servono piste di atterraggio. Non è più comodo far scendere l’acqua dall’alto con tubi flessibili, che pomparla dal basso?
Cordiali saluti
Luigi Antonio Pezone